Una manifestazione a Bangkok contro l'invasione russa (Lauren DeCicca/Getty Images)

L’Occidente ha sottovalutato Putin

Lo sostiene lo storico Marcello Flores sulla rivista del Mulino, spiegando che molti commentatori sono ancora troppo legati a una logica da Guerra fredda

Lo storico Marcello Flores, che insegna Storia dei diritti umani all’Università di Siena, ha pubblicato sulla rivista Il Mulino un articolo in cui analizza le reazioni e le “responsabilità” dell’Occidente davanti all’invasione russa dell’Ucraina, e più in generale alla volontà espansionistica mostrata in questi anni dalla Russia di Vladimir Putin.

Flores contesta il ragionamento fatto da molte persone con «un rilievo pubblico» in questi giorni e in queste settimane secondo cui, benché l’invasione dell’Ucraina sia responsabilità di Putin, la situazione che ha portato a quest’invasione sarebbe colpa anche dell’Occidente, che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica si sarebbe comportato in maniera aggressiva e non avrebbe rispettato le garanzie di sicurezza richieste dalla Russia.

Quest’analisi sulle presunte colpe dell’Occidente, secondo Flores, va completamente ribaltata. Chi la sostiene è ancora bloccato a una “logica da Guerra fredda”, in cui l’obiettivo era mantenere lo status quo tramite la deterrenza e le minacce. L’Occidente, semmai, non ha capito che Putin la logica di separazione delle sfere di influenza della Guerra fredda l’ha superata, e da tempo si muove per cercare di sovvertire l’intero ordine internazionale e gli equilibri mondiali.

Personalmente, dopo lo sgomento per l’attacco militare e la preoccupazione per le vittime ucraine, la rabbia per la prepotenza imperiale di Putin che sembra incarnare la volontà espansionistica dello zarismo e dello stalinismo, trovo inaccettabile i distinguo sulle «colpe» della guerra in atto che molti, a destra e a sinistra, continuano a manifestare da noi, naturalmente dopo la condanna di rito all’invasione. Sono troppe le persone che hanno un rilievo pubblico e influenzano l’opinione generale che condividono, di fatto, il ragionamento di Putin sulle responsabilità della situazione di crisi tra Russia e Ucraina, anche se ne condannano – e non potrebbero fare altrimenti – la scelta di avere iniziato l’azione militare.

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Se una colpa l’Occidente deve rimproverarsi non è quella di avere avuto un atteggiamento ambiguo o addirittura aggressivo verso il problema della «sicurezza» rivendicata da Mosca: ma di non avere compreso che la strategia di Putin, in modo sempre più chiaro negli oltre vent’anni di potere che sta celebrando, non è riconducibile a una logica da Guerra fredda, di minacce reciproche per restare fermi in una situazione di deterrenza permanente. Putin, come aveva già manifestato ampiamente in Cecenia e in Georgia (che l’Occidente riteneva comunque ancora nella «sfera d’influenza» russa ragionando come ai tempi della Guerra fredda), e come avrebbe mostrato senza più alcun dubbio con l’occupazione della Crimea nel 2014, ha come stella polare della sua azione il ristabilimento dell’impero zarista-sovietico, anche se non con un controllo pieno e diretto come era avvenuto ai tempi dell’Urss.

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