Alcuni cuccioli scoperti in un'unica gabbia nel bagagliaio di un'auto proveniente dall'Europa dell'Est (Ansa/Polizia di Stato)

A Natale aumenta il traffico illegale di cani dall’Europa dell’Est

Specialmente i cuccioli delle razze più di moda arrivano ammassati e spesso maltrattati, venduti a prezzi vantaggiosi

Il 20 ottobre i Carabinieri del Nucleo Forestale dell’Emilia-Romagna hanno scoperto un traffico di cuccioli di cane di razza bulldog francese provenienti dall’Europa dell’Est. I cani viaggiavano stipati in un furgoncino: erano destinati a famiglie italiane che li avevano acquistati online, non preoccupandosi o ignorando la reale provenienza e le condizioni in cui venivano trasportati. Tra le persone iscritte nel registro degli indagati c’è anche un veterinario che forniva documenti falsi per i cani, una volta arrivati in Italia.

Qualche mese prima, vicino a Treviso, era stato fermato un furgone, guidato da un cittadino romeno: in scatole di plastica chiuse con fil di ferro erano stati trovati cuccioli di cane nati in Romania. All’inizio del 2020 erano state arrestate cinque persone in Italia che acquistavano piccoli di cane per pochi euro in un canile abusivo nella città slovacca di Nitra, e li rivendevano poi per cifre comprese tra i 1.000 e i 1.800 euro. Durante l’inchiesta sono stati trovati circa cento cani, passaporti per animali ancora da compilare, falsi pedigree, microchip pronti, farmaci a uso veterinario.

Quello dei cani provenienti dall’Europa dell’Est, specialmente di pochi mesi, è un traffico imponente. Secondo le stime dell’organizzazione Carodog (Companion Animal Responsible Ownership), 8 milioni di cani viaggiano ogni anno sulle strade d’Europa e una parte rilevante proviene dal traffico illegale. Sempre secondo le stime, ogni cane arriva a fruttare a un trafficante circa 500 euro.

«Il mercato illegale è nato in Ungheria» spiega Ermanno Giudici, scrittore e autore del blog Il patto tradito tra uomo e cane, «poi si è esteso a Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e ora anche Ucraina. I cuccioli viaggiano verso molti Paesi europei, purtroppo una grande quantità anche verso l’Italia». Qui vengono venduti spesso anche attraverso negozi compiacenti. Massimo Comparotto, presidente di OIPA, Organizzazione Internazionale Protezione Animali, dice che «ci sono negozianti, e purtroppo non sono pochi, che per guadagnare di più fanno da tramite tra i trafficanti e i compratori che, spesso, non conoscono la reale provenienza del cucciolo».

Cani trovati dalla Guardia di Finanza durante un controllo a Trieste (Foto Ansa/Guardia di Finanza)

Secondo un rapporto dell’istituto di ricerca Eurispes del 2021, il 40,2% degli italiani accoglie animali nella propria casa e la tendenza è ad averne più di uno. Dal 2018 a oggi il numero di chi ha almeno un animale è in costante aumento: 32,4% nel 2018, 33,6% nel 2019, 39,5% nel 2020 e 40,2% nel 2021. I cani rappresentano il 43,6% del totale, i gatti il 35,1%. Durante i mesi di lockdown dovuti alla pandemia, l’acquisto di cani è aumentato e di conseguenza è aumentato anche il traffico illegale.

Nelle settimane che precedono Natale le vendite hanno poi ogni anno una fisiologica crescita: vengono regalati cuccioli, non solo ai bambini, spesso però senza sapere che provengono da allevamenti clandestini. «L’OIPA sta lanciando adesso una campagna di sensibilizzazione», dice ancora Comparotto, «perché a Natale non si acquistino cuccioli ma si adottino cani ospitati nei rifugi per animali».

I cani che arrivano clandestinamente dall’Europa dell’Est hanno spesso falsi pedigree e documentazione contraffatta. Viaggiano, anche per grandi distanze, stipati in furgoni o chiusi in bagagliai di auto. Subiscono spesso maltrattamenti. Due anni fa venne intercettata un’auto proveniente dall’Ungheria con cuccioli fissati con il nastro adesivo sotto i sedili.

Il mercato è appetibile anche per le organizzazioni criminali. In alcune indagini riguardanti il traffico di animali dall’Europa dell’Est è emerso il nome del clan camorristico Moccia, di Afragola, nel napoletano, e dei clan Di Lauro e Vanella Grassi, di Napoli. Già nel 2018 la Commissione Parlamentare Antimafia aveva redatto un documento in cui si parlava di “zoomafia”: «Risulta altresì riconducibile a organizzazioni criminali operanti, in particolare, in Ungheria e nella Repubblica Ceca, il fenomeno della cosiddetta “zoomafia”, neologismo che descrive l’importazione clandestina di cuccioli (cani e, occasionalmente, anche gatti) di razze pregiate, utilizzando i valichi del Nord-Est quale porta d’ingresso per il territorio nazionale, già collaudati per altri traffici illeciti».

Chi acquista consapevolmente o meno cani provenienti dal mercato illegale è spesso attratto dal risparmio. Un bulldog francese, che in allevamento in Italia può costare tra i 2.000 e i 2.500 euro, può essere comprato da un trafficante a una cifra che va da 400 a 600 euro.

I cani nascono spesso in piccoli allevamenti e vengono poi consegnati al trafficante che si occupa di trasportarli nei paesi di destinazione. «Vengono fatti arrivare in Italia senza microchip e documenti di provenienza, oppure con documenti falsi», dice Giudici. «Il microchip viene applicato in seguito. E i cuccioli vengono venduti come nati in Italia, spesso spacciandoli come cani di razza, anche se non lo sono».

Per potere entrare in Italia legalmente, ogni animale dovrebbe essere dotato di un passaporto individuale, conforme al modello europeo, contenente le indicazioni obbligatorie previste dalla legge. Deve essere indicata la data di nascita, la data di inoculazione, il numero del microchip e la data di vaccinazione antirabbica. Per poter essere esportati legalmente i cuccioli devono avere almeno 3 mesi e 21 giorni, l’età in cui ricevono la vaccinazione più il tempo stabilito perché si possa considerarla efficace.

I cani di razza devono poi avere il pedigree che va consegnato contestualmente alla vendita e deve essere rilasciato da un ente autorizzato a livello europeo. In Italia è l’ENCI, Ente Nazionale Cinofilia Italiana. «I cuccioli importati illegalmente sono spesso “cani somiglianti”», spiega Giudici: «sembrano di razza, e vengono venduti come tali, ma non lo sono. Purtroppo questo avviene anche con la complicità di negozi di animali e di sedicenti allevatori».

Il traffico illegale di cuccioli di cane, oltre a essere grave per come vengono trattati gli animali, rappresenta anche un pericolo sanitario. I cani provenienti dal mercato clandestino non sono vaccinati, e rappresentano un rischio soprattutto nel caso in cui provengano da paesi fuori dall’ Unione Europea, come l’Ucraina, dove è ancora presente il virus della rabbia, mortale per l’uomo. Altri cani possono essere anche portatori di cimurro, malattia non contagiosa per l’uomo e praticamente debellata in paesi come l’Italia grazie alle vaccinazioni di massa sui cani di proprietà, e che ora si ripresenta in nuove varianti.

È dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso che esiste il traffico di cani provenienti dall’Europa dell’Est. Fu in quell’epoca infatti che alcuni cittadini europei iniziarono a fare la spola tra i loro paesi e l’Ungheria per comprare cuccioli di cane somiglianti a quelli di razza, che poi venivano venduti nei negozi. Venivano spacciati per animali nati nei paesi comunitari grazie ai pochi controlli e a norme molto farraginose. Con l’inasprimento delle leggi i trafficanti si sono adattati trovando nuove strategie per aggirare i controlli.

Giudici spiega per esempio come vengono “falsificati” i microchip: «Hanno una numerazione e sono tracciabili, perché chi li fabbrica li fattura indicando i singoli lotti esistenti». Una pratica scoperta negli anni scorsi prevedeva che i commercianti illegali italiani vendessero i microchip comprati in Italia a società di San Marino, che li spedivano in Europa dell’Est per farli poi tornare in Italia innestati su cuccioli della tratta clandestina. «Una volta passato il confine venivano iscritti nelle anagrafi da veterinari compiacenti, che nemmeno li avevano visti, potendo così essere messi in vendita a due mesi come cani nati in Italia», dice Giudici.

La legge del 2010 stabilisce le pene per i trafficanti di animali, la reclusione da tre mesi a un anno e una multa da 3.000 a 15.000 euro per «chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale».

Secondo Comparotto sono però sanzioni lievi, e a un trafficante conviene pagare la multa e riprendere l’attività. Spesso  per queste persone c’è anche l’accusa di reato di maltrattamento di animali, punito con la reclusione da 3 a 18 mesi, oppure quella di uccisione di animali, che prevede una pena da 4 mesi a due anni.

Ma il problema è anche che i controlli sono difficili. I trasporti avvengono sempre più spesso con auto o piccoli furgoni, le consegne sono programmate vicino a caselli autostradali e avvengono in maniera molto veloce. Con Internet le cose per i trafficanti sono ancora più facili: i siti attraverso cui vengono venduti i cuccioli sono spesso in lingua italiana, molti appartengono a italiani che si sono trasferiti nell’Europa dell’Est e lì hanno aperto allevamenti. Gli acquirenti sono così convinti di avere a che fare con società che hanno sede in Italia.

Molti siti si specializzano poi nella razza di cani che va di moda in quel periodo. Da un po’ di tempo quelli più richiesti sono quelli tecnicamente detti brachicefali: bulldog francesi o inglesi, carlini, pechinesi, shih tzu. «Sono razze,» spiega Giudici, «che gli allevatori hanno via via cercato di modificare per rendere i cani sempre più simili a bambini piccoli, con il muso schiacciato e gli occhioni grandi, studiati per fare tenerezza, per avere tratti da eterni cuccioli. Sono però cani che fanno fatica a respirare, vivono costantemente in apnea, molto spesso devono essere sottoposti a interventi chirurgici per risolvere parzialmente il problema».

I cani di queste razze fanno fatica a correre, devono essere tenuti al fresco in estate per evitare rischi: «non sudano e disperdono gran parte del calore attraverso la respirazione» spiega Giudici. Sono i cani che maggiormente vengono trasportati dall’Europa dell’Est, e che patiscono in particolare gli eventuali maltrattamenti per la loro debole costituzione. La mortalità è alta, ma i trafficanti la mettono in conto nel rapporto costi benefici del traffico.

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