(Mauro Scrobogna /LaPresse)

Cosa fare se si hanno i sintomi della COVID-19 in vacanza

Bisogna avvertire le autorità locali, per valutare se occorre mettersi in isolamento e sottoporsi al test

Da settimane ci si può spostare liberamente in Italia e hanno riaperto musei, stabilimenti balneari e alberghi: la stagione turistica estiva è cominciata tra molti cambiamenti, nelle abitudini di chi è in vacanza e nei servizi offerti da chi lavora nel settore. Le autorità ricordano periodicamente l’importanza di seguire i protocolli e le regole sanitarie, e per il momento i numeri quotidiani sui nuovi contagi rimangono più o meno stabili, ormai da circa un mese: ma vengono registrati ogni giorno tra le 100 e le 250 persone che hanno contratto il coronavirus, numeri che non consentono eccessivi rilassamenti e che ricordano che il virus sta ancora circolando, seppur in misura assai più contenuta rispetto ai mesi dell’emergenza.

Tra le cose importanti da fare per chi andrà in vacanza in Italia, oltre a seguire le regole di distanziamento fisico e igiene che abbiamo imparato a conoscere, c’è un attento monitoraggio delle proprie condizioni di salute. Alla comparsa di sintomi compatibili con la COVID-19, infatti, è fondamentale avvisare il prima possibile le autorità sanitarie, in modo da accertare se si è infetti o no con l’apposito test.

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Con quali sintomi bisogna avvisare le autorità
Febbre sopra i 37,5 °C e brividi, tosse di comparsa recente, difficoltà respiratorie, perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia), raffreddore o naso che cola, mal di gola e diarrea (soprattutto nei bambini).

Ovviamente non è il caso di preoccuparsi eccessivamente in caso di problemi intestinali o di congestione nasale, due sintomi meno strettamente collegati alla COVID-19. A segnalare la possibilità di aver contratto la malattia sono soprattutto la febbre, la tosse, le difficoltà a respirare e la perdita di gusto e olfatto.

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Chi chiamare ai primi dubbi
In caso di dubbi sulla gravità dei propri sintomi e sulla loro compatibilità con la COVID-19, è una buona idea chiamare il proprio medico di famiglia per un consulto telefonico: saprà probabilmente rassicurarvi o suggerirvi di contattare le autorità, sulla base dell’esperienza maturata in questi mesi.

Il problema di una situazione simile in vacanza, però, è ovviamente l’essere distanti da casa, e magari in una regione diversa dalla propria. Il numero verde nazionale 1500 è uguale dappertutto: è operativo apposta per chiarire i dubbi, e chiamarlo può essere una buona idea.

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Chi chiamare se si sospetta di essere contagiati
Se invece avete sintomi più chiaramente riconducibili alla COVID-19, oppure siete stati a stretto contatto con persone poi risultate positive, occorre mettersi in contatto con le autorità sanitarie della regione in cui vi trovate e in particolare con l’ASL competente per farsi fare un test, quelli che ormai conosciamo come tamponi. Questa procedura è ora molto più rapida di quanto fosse nei mesi di marzo e aprile, quando i tempi di attesa per il tampone erano notoriamente lunghi. Salvo rare eccezioni, oggi è questione di un paio di giorni.

Ogni regione ha un proprio numero verde: contattandolo, si verrà indirizzati alla ASL locale. I numeri sono disponibili sul sito del ministero della Salute, oppure in fondo a questo articolo.

In caso stiate molto male, ovviamente, bisogna invece chiamare il 112, il numero del pronto intervento per le emergenze.

Una volta avvisate le autorità, verrà fissato un appuntamento per il tampone: direttamente nel posto in cui ci si trova oppure andando in una struttura apposita (in certi casi rimanendo in macchina, nella procedura drive in). Nella finestra di ore o di giorni in cui si aspetta il tampone, occorrerà mettersi in isolamento nella stanza d’albergo o nella casa vacanze in cui ci si trova, seguendo le istruzioni delle autorità, che valuteranno caso per caso come sia meglio procedere.

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E se si risulta positivi?
Qui le cose si fanno più complicate. Sono le autorità sanitarie locali – e quindi l’ASL che ha competenza sul posto in cui ci si trova – a decidere cosa fare, valutando caso per caso. Per prima cosa, a seconda della gravità del quadro clinico decideranno se sia necessario il ricovero in ospedale o meno. Ma se i sintomi non sono gravi, possono succedere cose diverse.

Il Post ha contattato diversi numeri verdi regionali, e la maggior parte ha spiegato che il periodo di isolamento – che dura in genere un paio di settimane, fino al secondo tampone negativo – deve essere passato nella regione in cui ci si trova quando si risulta positivi. Sulla struttura in cui fare la quarantena, dipende da regione a regione: alcune sono attrezzate con alberghi sanitari appositi, in altre è necessario trovare una sistemazione autonomamente, con tutte le complicazioni che questo comporta. Alcuni operatori hanno poi parlato della possibilità che l’ASL si possa occupare di riportare a casa il paziente contagiato, o che gli sia consentito di spostarsi autonomamente se dispone di un mezzo privato.

I numeri verdi regionali

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