Il cartello all'ingresso dell'impianto di imbottigliamento di Arrowhead, di proprietà di Nestlé, a Cabazon, in California (AP Photo/Damian Dovarganes)

Nestlé e l’acqua degli americani

Secondo gli ambientalisti Nestlé sta prosciugando i letti dei fiumi da cui estrae l'acqua, pagando cifre irrisorie e ingraziandosi comunque le comunità locali

A circa due ore da Los Angeles, in California, c’è un torrente che si chiama Strawberry Creek e scorre all’interno della foresta nazionale di San Bernardino. Da quel torrente lo scorso anno la multinazionale Nestlé ha estratto 170 milioni di litri d’acqua, che sono stati poi imbottigliati e venduti con il marchio Arrowhead Water. L’attività estrattiva di Nestlé è stata criticata dagli ambientalisti e dal Servizio forestale nazionale degli Stati Uniti, che accusano la società di aver prosciugato le risorse idriche della foresta, e di averlo fatto senza averne le necessarie autorizzazioni. È una questione che si è riproposta similmente in altre zone d’America, e che riguarda il modo in cui le aziende private – senza infrangere nessuna legge – riescono a ottenere permessi e autorizzazioni con eccessiva facilità, secondo i gruppi ambientalisti.

Il giornalista Tom Perkins ha raccontato sul Guardian che nonostante lo Strawberry Creek sorga su un terreno di proprietà dello stato federale, Nestlé non ha pagato “praticamente nulla” per estrarre e imbottigliare acqua: da quando ha rilevato la società Arrowhead Water, nel 1987, che estraeva l’acqua dalle fonti della foresta di San Bernardino fin dalla fine dell’Ottocento, Nestlé ha pagato solo 524 dollari all’anno per rinnovare i permessi.

I dubbi sulle estrazioni di Nestlé erano stati posti per la prima volta nel 2015 in un’inchiesta del giornale Desert Sun, e avevano portato a un’indagine dello stato della California che nel 2017 aveva concluso che la società aveva attinto all’acqua del torrente senza autorizzazione, e aveva richiesto che terminasse immediatamente le operazioni. Nonostante questo, un anno dopo il Servizio forestale approvò un nuovo permesso che consentiva a Nestlé di continuare a utilizzare i terreni federali per estrarre acqua per altri cinque anni. Il Guardian scrive che il permesso concesso a Nestlé faceva riferimento a un ordine esecutivo firmato nel 2017 dal presidente Donald Trump che richiede alle agenzie federali di «garantire che i diritti di proprietà privata delle società che imbottigliano acqua non siano ostacolati quando tentano di ottenere permessi per operare su terreni pubblici».

Gli ambientalisti sostengono che i prelievi di acqua da parte di Nestlé abbiano prosciugato il letto dello Strawberry Creek, specialmente nella parte del torrente che scorre più in altura, ma secondo Larry Lawrence, che a Nestlé si occupa della gestione delle risorse naturali, questo non è vero. Lawrence dice anche che Nestlé ha ottenuto il diritto di prelevare acqua dallo Strawberry Creek quando ha rilevato la società Arrowhead, e che le ricerche scientifiche dimostrerebbero che l’estrazione di acqua sia sempre avvenuta “in modo sostenibile”. Intanto, comunque, il Servizio forestale degli Stati Uniti ha richiesto uno studio di tre anni per valutare l’impatto delle operazioni della multinazionale sul territorio.

Il Guardian sottolinea però come a condurre lo studio sarà proprio Nestlé, cosa che fa pensare ai critici che la società possa falsare i dati a proprio favore. Già nel 2003, in Michigan, durante un processo che Nestlé perse e che costrinse la società a ridurre la quantità di acqua prelevata dal Dead River, si scoprì che uno scienziato indipendente che stava indagando su Nestlé aveva manipolato alcuni dati, secondo i giudici proprio per favorire Nestlé.

Strawberry Creek è solo uno dei molti territori degli Stati Uniti in cui Nestlé è accusata di operare ai limiti della legge, attraverso un’aggressiva attività di lobby e creando, secondo gli ambientalisti, danni ingenti all’ecosistema. Dalla California al Maine, Nestlé spende milioni di dollari ogni anno per mostrarsi come una società che vuole il bene delle comunità locali, promettendo che operando su quei territori creerà nuovi posti di lavoro e migliorerà le condizioni di vita degli abitanti. I critici accusano Nestlé di avere invece un comportamento “predatorio”.

A Fryeburg, una piccola città del Maine nei cui pressi c’è una sorgente da cui Nestlé attinge l’acqua che poi imbottiglia con il marchio Poland Spring, per ingraziarsi la comunità locale Nestlé ha fatto donazioni ai boy scout della città, ha acquistato nuovi equipaggiamenti per la squadra di sci del liceo e ha sponsorizzato una fiera molto popolare, oltre a varie altre piccole attività di beneficenza. Nel 2015 una commissione sui servizi di pubblica utilità del Maine concesse a Nestlé di estrarre a Fryeburg fino a 833 milioni di litri d’acqua ogni anno per 45 anni, una decisione confermata un anno dopo dalla Corte Suprema dello stato dopo il ricorso di alcuni cittadini. Il ricorso non contestava solo il merito della decisione ma anche alcune presunte irregolarità nella procedura. La commissione che aveva emesso il permesso, infatti, comprendeva anche un ex lobbista e consulente di Nestlé; successivamente i membri della commissione erano stati sostituiti con tre giudici in pensione.

Anche a livello nazionale i legami di Nestlé con la politica hanno fatto sorgere diverse critiche. Il Guardian cita per esempio una decisione presa nel 2017 dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa della sicurezza di cibi e farmaci. Inizialmente la FDA disse che allo Strawberry Creek Nestlé stava prelevando e imbottigliando acqua dal sottosuolo e non dalla sorgente, ma dopo alcuni mesi cambiò radicalmente la propria posizione. Secondo alcuni, dice il Guardian, anche grazie all’attività di lobby svolta da un ex membro della FDA che era andato a lavorare per Nestlé.

Il fatto che Nestlé sia riuscita nel corso degli anni a ottenere sempre molto facilmente i permessi per estrarre acqua dai terreni statali, pagando cifre irrisorie, è da imputare secondo alcuni anche alle scarse risorse economiche del Servizio forestale. Secondo Gary Earney, che tra il 1984 e il 2007 ha lavorato al Servizio forestale occupandosi dei permessi dati a Nestlé, i costanti tagli all’agenzia hanno reso impossibili i controlli sulle attività di Nestlé e sull’uso che la società faceva del suolo pubblico.

Earney sostiene che Nestlé abbia approfittato delle difficoltà economiche del Servizio forestale, anche se non crede che ci siano stati casi di corruzione: «Non c’è dubbio che Nestlé avesse un accordo di do ut des con il Servizio forestale, ma con ciò intendo che fosse qualcosa di implicito, probabilmente». Alix Dunn, portavoce di Nestlé, ha difeso le attività della società e ha detto che la generosità dell’azienda è stata travisata: «I nostri dipendenti hanno il potere di essere collaboratori attivi nel miglioramento delle loro comunità locali, e devono continuare a farlo».

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