Hajar Rissouni all'uscita dal tribunale di Rabat, Marocco, lunedì 30 settembre 2019 (AP Photo/Abdelillah Bayoussef)

Una giornalista marocchina è stata condannata a un anno di prigione con l’accusa di aver abortito e di aver fatto sesso fuori dal matrimonio

La giornalista marocchina Hajar Raissouni, 28 anni, è stata condannata a un anno di prigione da un tribunale di Rabat con l’accusa di aver abortito e di aver fatto sesso fuori dal matrimonio. La stessa condanna è stata emessa per il suo fidanzato. Il ginecologo della clinica dove la donna avrebbe abortito è stato condannato a due anni di carcere, l’anestesista a un anno e una dipendente a otto mesi. Contro la sentenza verrà comunque presentato ricorso.

Hajar Raissouni – che lavora per il quotidiano in lingua araba Akhbar Al-Yaoumera accusata di aver abortito illegalmente e di “dissolutezza”, cioè di aver fatto sesso fuori dal matrimonio. Era stata arrestata lo scorso 31 agosto all’uscita di un ambulatorio medico di Rabat. La donna sostiene invece di essere stata curata per una emorragia interna, versione sostenuta anche dal ginecologo che l’ha curata. La sua storia è stata raccontata dai giornali internazionali e ha mobilitato, per diversi motivi, islamisti, associazioni per i diritti umani e movimenti femministi. Per molti esponenti conservatori, infatti, l’arresto di Raissouni è motivato politicamente e ha a che fare con la sua vicinanza agli ambienti islamisti che si oppongono alla volontà di ammodernamento del paese del re Mohammed VI, anche dal punto di vista delle libertà individuali. I movimenti femministi hanno invece denunciato l’arresto di Raissouni, la «violenza sessista» degli esami ginecologici che la giovane donna ha dovuto subire dalla polizia contro la sua volontà, e hanno rilanciato la richiesta per la depenalizzazione dell’aborto (il codice penale del Marocco consente di interrompere la gravidanza solamente quando la vita della donna è in pericolo).

Dopo la lettura della sentenza Ibtissame Betty Lachgar, attivista femminista, ha detto che il processo a Raissouni va oltre la questione politica, «che è comunque indiscutibile»: «È il processo di una giornalista, sì, ma anche di una donna che, ancora una volta, è vittima di leggi retrograde e misogine». Nel 2018, dicono i dati ufficiali, in Marocco sono state accusate 14.503 persone per dissolutezza, 3.048 per adulterio, 170 per omosessualità e 73 per aborto clandestino. Secondo le associazioni femministe, ogni giorno nel paese vengono praticati tra i 600 e gli 800 aborti clandestini. «Siamo in una società conservatrice e patriarcale, dove il peso della religione rallenta il cambiamento di mentalità». Heba Morayef, direttore di Amnesty International per il Medio oriente e il Nord Africa, ha a sua volta ricordato che «questo caso ci ricorda con forza l’urgenza di abolire le leggi marocchine che criminalizzano l’aborto e il sesso fuori dal matrimonio».

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