Una manifestazione studentesca a Dacca, 30 luglio 2018 (MUNIR UZ ZAMAN/AFP/Getty Images)

Il quinto giorno di proteste in Bangladesh per la morte di 2 studenti

Sono stati investiti da un autobus che andava troppo veloce e ora si riparla del problema della mancanza di sicurezza sulle strade

Da domenica decine di migliaia di studenti hanno protestato ogni giorno nelle strade di Dacca, in Bangladesh, dopo che due studenti universitari, Diya Khanam Mim e Abdul Karim Rajib, sono stati investiti e uccisi da un autobus che stava facendo a gara con un altro per arrivare primo alla fermata e accaparrarsi i viaggiatori in attesa. I manifestanti hanno bloccato molte zone della capitale, dove vivono 18 milioni di persone, danneggiato più di 300 veicoli, causato disagi al traffico e al lavoro delle ambasciate, come quella statunitense e australiana. La polizia ha risposto più volte lanciando gas lacrimogeni per disperdere le persone e giovedì ci sono stati anche alcuni scontri. Intanto i conducenti dei due autobus sono stati arrestati.

Le proteste sono iniziate in modo spontaneo e disorganizzato e le rivendicazioni si sono allargate fino a chiedere riforme incisive al sistema dei trasporti, tra cui una regolamentazione degli autisti degli autobus: lavorano per compagnie private e si contendono i passeggeri spesso guidando troppo velocemente, aumentando il rischio di incidenti. Gli studenti hanno stilato nove richieste al governo compresa, scrive il sito bdnews24, la pena di morte per gli autisti che investono qualcuno. Intanto il governo ha chiuso le scuole e promesso di andare incontro alle richieste degli studenti a patto che mettano fine alle proteste. Il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan Kamal ha approvato alcune misure per migliorare la sicurezza, come ponti pedonali vicino alle scuole, misure più severe contro gli autisti senza patente e maggiori controlli. Secondo un gruppo privato di ricerca, lo scorso anno più di 4.200 pedoni sono morti in incidenti stradali, il 25 per cento in più del 2016.

Tra i politici più criticati nelle proteste c’è il ministro dei Trasporti Shahjahan Khan, che è anche presidente del sindacato dei ferrovieri del paese. Khan si è sempre mostrato indulgente verso gli autisti che violavano il codice della stradali e non ha mai fatto molto per rafforzarle e per rendere le strade più sicure. Quando poi i giornalisti gli hanno chiesto un commento sull’accaduto ha risposto liquidandoli, e dicendo che in India gli incidenti sono molto più gravi ma non provocano così tante polemiche. Successivamente si è scusato, ha detto che stava ridendo per una battuta sentita prima di rispondere alla domanda, e che non sapendo niente dell’incidente non l’aveva capita. Ha anche incontrato il padre di Diya Khanam, la studentessa uccisa e gli ha promesso che i colpevoli, che erano già stati arrestati, sarebbero stati puniti.

Continua sul Post