<a href="https://twitter.com/scandura/status/1022436322080894976">(foto tratta dal profilo Twitter del giornalista Sergio Scandura)</a>

La Sarost è ancora bloccata in mare

Da più di due settimane una nave commerciale staziona al largo della Tunisia con 40 migranti a bordo: nessun paese europeo si è ancora offerto di accoglierli

Da più di due settimane la nave commericale Sarost con a bordo 40 migranti è ferma al largo della Tunisia perché nessun paese europeo ha dato la disponibilità ad accogliere i migranti nei propri porti. Ieri la Commissione Europea ha fatto sapere che sta seguendo il caso insieme alla Tunisia e alle due agenzie ONU che si occupano rispettivamente di migranti e rifugiati, l’OIM e l’UNHCR, ma una soluzione non è stata ancora trovata. I pochi giornalisti che stanno seguendo il caso raccontano che a bordo la situazione è molto difficile: molte persone soccorse – fra cui ci sono anche due donne incinte – dormono per terra e mangiano raramente.

La Sarost appartiene a una società che gestisce una piattaforma di estrazione di petrolio al largo delle coste tunisine. I migranti erano partiti dalla Libia lo scorso 11 luglio ed erano stati recuperati dalla Sarost il 16, dopo cinque giorni trascorsi alla deriva senza acqua né cibo, a bordo di un peschereccio finito in avaria. La gravità della situazione dipende dal fatto che la Sarost non è attrezzata per accogliere i 40 migranti soccorsi, a differenza ad esempio delle navi delle ONG che lavorano nel Mediterraneo. Due giorni fa si era diffusa la voce che il personale dell’UNHCR fosse riuscito a raggiungere la nave, ma un ragazzo a bordo ha smentito la notizia.

Lo stesso ragazzo, in un video inviato a Radio Radicale, ha spiegato: «Alcuni di noi volevano gettarsi in mare, non ce la facciamo più. Sentiamo di decisioni che vengono prese su di noi ma non accade nulla. Continuiamo a soffrire e nessuno ci dice niente. Anche l’equipaggio è stanco. Veniteci ad aiutare».

Il governo della Tunisia, ha spiegato una ONG locale, non intende accogliere i migranti della Sarost perché teme che così facendo il paese potrebbe iniziare a essere considerato un “porto sicuro”, cioè un luogo dove è possibile sbarcare in sicurezza i migranti salvati al largo della Libia o nel Mediterraneo centrale, iniziando così a ricevere una parte di coloro che in questo momento vengono ancora trasportati in Italia.

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