Membri dei Testimoni di Geova in tribunale a Mosca durante la sentenza dell'aprile 2017 (AP Photo/Ivan Sekretarev)

I Testimoni di Geova scappati dalla Russia

Per evitare le persecuzioni del governo di Putin: in centinaia se ne sono andati e hanno chiesto asilo politico alla vicina Finlandia

Nell’aprile dello scorso anno la Corte suprema russa definì i Testimoni di Geova un’organizzazione «estremista» e li mise fuori legge. Nei mesi successivi le autorità russe iniziarono a perseguitare i membri del gruppo: le sedi dei Testimoni di Geova vicino a San Pietroburgo furono sequestrate dallo Stato, i luoghi di preghiera in tutto il paese furono perquisiti dalla polizia e molti fedeli furono arrestati. Secondo la studiosa Geraldine Fagan, esperta di politica religiosa in Russia, fu «la più dura repressione alla libertà religiosa in Russia dai tempi dell’Unione Sovietica». Il risultato è stato che nell’ultimo anno centinaia di Testimoni di Geova hanno lasciato la Russia e sono andati in altri paesi europei, principalmente in Finlandia, dove hanno chiesto asilo politico.

I Testimoni di Geova sono un movimento religioso cristiano nato negli Stati Uniti nell’Ottocento e presente in tutto il mondo: si stima che ne facciano parte 8 milioni di persone. Sono famosi per le loro attività di evangelizzazione porta a porta, per alcuni meccanismi settari e per il loro rifiuto di ricevere trasfusioni di sangue. In Russia sono circa 175mila. Già da diversi anni alcune branche del movimento erano state bandite da tribunali locali russi. I problemi nascono dal fatto che i Testimoni di Geova interpretano la Bibbia in modo letterale: considerano Dio l’unica vera autorità e perciò non votano, non partecipano alle cerimonie patriottiche – che in Russia hanno molta importanza – e si rifiutano di compiere violenze (e quindi di servire nell’esercito, per esempio).

Uno dei Testimoni di Geova che ha lasciato la Russia per la Finlandia è Sergey Avilkin, 42 anni, la cui storia è stata raccontata di recente da un articolo del New York Times.

Avilkin vive da diversi mesi a Turku, una città a ovest di Helsinki, ed è in attesa che le autorità finlandesi dicano qualcosa sulla sua richiesta di asilo: «Sono al 100 per cento sicuro che se non me ne fossi andato ora sarei in prigione», ha raccontato Avilkin. Nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo si espresse su un episodio che aveva riguardato proprio la famiglia di Avilkin. Avilkin e sua moglie portarono in un ospedale a Mosca la loro figlia, Katya, malata di cancro. Katya doveva essere sottoposta a un’operazione chirurgica, ma ai Testimoni di Geova non sono permesse le trasfusioni di sangue. I medici si rifiutarono di operare Katya senza trasfusioni e i coniugi Avilkin si rivolsero a un medico di San Pietroburgo, che accettò di soddisfare le loro richieste (Katya è ancora viva: ha 12 anni e sta bene). La Corte disse che l’ospedale aveva violato i diritti di Katya trasmettendo al procuratore generale russo la sua cartella clinica e comunicandogli la decisione della famiglia di non accettare le trasfusioni di sangue.

Avilkin, sua moglie Lena e i loro tre figli fanno parte dei circa 300 Testimoni di Geova russi che hanno lasciato il loro paese e che ora vivono in strutture di accoglienza per i richiedenti asilo o in case affittate in giro per la Finlandia. Finora le richieste di asilo dei Testimoni di Geova analizzate dalle autorità finlandesi sono state poche, e quelle poche sono state tutte rifiutate.

Il New York Times ha scritto che inizialmente in Russia venivano perseguitati solo i Testimoni di Geova uomini, ma sembra che le cose stiano cambiando. A luglio è stata arrestata una donna, Anastasiya Polyakova, a Omsk, città della Siberia. Insieme a lei è stato arrestato il marito, che è stato anche picchiato dalla polizia. Secondo Forum 18, un gruppo norvegese che promuove la libertà religiosa, al momento in Russia sono accusati di estremismo più di 50 Testimoni di Geova.

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