Walter Siti (LaPresse)

Perché si scrive letteratura

Walter Siti darà la sua risposta in una lezione aperta alla Scuola Belleville di Milano, mercoledì 18 aprile

Mercoledì 18 aprile alle 19:30 Walter Siti, vincitore del premio Strega nel 2013 con il romanzo Resistere non serve a niente, inaugurerà le selezioni della Scuola annuale di Scrittura di Belleville di cui è docente con una lezione aperta intitolata “Perché si scrive letteratura”. Nella lezione, Siti mostra quanto la trasformazione sociale e tecnologica abbia ridefinito le funzioni tradizionali della narrativa, fino a mettere in crisi il suo ruolo. Oggi la letteratura deve confrontarsi con la rapidità dettata dal digitale e dalla diffusione dei social, e con una lettura spesso scostante e frammentaria. La letteratura può e deve rispondere a questa richiesta: non adeguandosi, ma portando se stessa all’interno dei nuovi modi di fruizione delle storie.

 

Se si impedisce a un prigioniero di dormire, a lungo, se ne provoca la morte; e non per mancanza di sonno ma per mancanza di sogni. I sogni tengono pulito l’inconscio e assicurano l’efficienza dell’intera macchina neurobiologica; la letteratura è il grande sogno dell’umanità e per questo se ne scriverà sempre. Nei vari momenti e luoghi della cultura, però, varia la considerazione che si ha per la letteratura e cambia il suo ruolo sociale, come cambiano i modi e i supporti della sua trasmissione. Oggi si ha l’impressione che alla letteratura sia affidato soprattutto un compito di intrattenimento e di comunicazione, tant’è vero che sui media non viene distinta dallo spettacolo, né dal giornalismo. La letteratura ‘solo scritta’ sembra non bastare più: si tende a integrarla con la musica e con le immagini, che sia cinema o serie tivù o canzone o opera rock o graphic novel o performance. Gli scrittori, sempre di più, si trasformano in personaggi glamour o almeno pittoreschi, o influencer, maîtres-à- penser, gente da intervistare o con cui fare selfie. Si sta diffondendo l’idea che di una poesia basta leggere anche un solo verso, e di un romanzo un unico brano, per coglierne il ‘messaggio’ e trasmetterlo al maggior numero possibile di fruitori. L’efficacia e la facile comunicabilità sono le qualità maggiormente apprezzate in un testo letterario, contro il rischio dell’élitarismo, dell’estetismo e delle torri d’avorio; per non parlare del ‘mercato’, ormai giudice del
bello come del vero.

Di fronte a questa situazione mainstream, forse vale la pena di ricordare che cosa sia stata la letteratura dei classici e quali ambizioni la letteratura possa ancora nutrire. La letteratura è stata, ed è, una forma insostituibile di conoscenza: una conoscenza diversa e complementare rispetto a quella scientifica, una conoscenza emotiva e fondata sulla contraddizione. Grazie agli ‘spessori verbali’ di cui è composta, la letteratura fa affiorare alla mente e alla psiche le lacune che giacciono nell’inconscio personale e collettivo, arrivando a dire molto di più di quel che l’autore intendeva dire in modo cosciente. La letteratura ‘solo scritta’ è costretta a scavare nel corpo delle parole e della lingua, nel DNA del nostro italiano, per scoprirne la forza e la retorica, il carattere e le infamie – essendo nemica di qualunque stereotipo formale o pigrizia conformista, non sempre compiacerà il lettore, tra i sogni esistono a buon diritto anche gli incubi. Un testo letterario pretende d’esser preso sul serio, considerato nella sua interezza e nella sua complessità (e, perché no? nella sua difficoltà): allora regala mondi alternativi che questionano il nostro, personaggi con cui identificarci che ci mettono in crisi. Invece di spicciolare la letteratura a livello dei social, sarebbe meglio portare i frequentatori dei social al livello della letteratura.

Walter Siti

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