Una pagina di Thread

Che ruolo avrà l’intelligenza artificiale nella moda

Un software ci darà dei consigli su cosa comprare e indossare? E dirà alle case di moda quali sono le cose che ci piacciono di più?

La rivista Business of Fashion (BoF) ha immaginato come la moda potrebbe servirsi dell’intelligenza artificiale e dei dati ricavabili da social network e siti di e-commerce. Software capaci di analizzare i dati potrebbero fornire alle aziende di abbigliamento l’analisi delle tendenze e ai clienti la possibilità di un’esperienza personalizzata sui rivenditori online; in futuro i sistemi di intelligenza artificiale potrebbero essere usati anche per aiutare gli stilisti a essere più creativi, aiutandoli a disegnare e a trovare spunti e idee.

I “big data” per le case di moda

Un sistema di intelligenza artificiale, in grado di fare previsioni sulle nuove tendenze e sui gusti delle persone analizzando le vendite dei prodotti, potrebbe rivelarsi uno strumento importante per le aziende di moda. Oggi i rivenditori di capi di abbigliamento si affidano al loro gusto e alla loro esperienza per scegliere i prodotti per i loro negozi e decidere quanti acquistarne, per poi proporli ai loro clienti; non sempre però riescono a indovinare quali saranno i più richiesti. Un programma in grado di studiare le abitudini di spesa dei clienti di un determinato marchio e dei suoi concorrenti potrebbe aiutare ad accordare domanda e offerta, se non suggerire come presentare i capi in modo che risultino più attraenti ai clienti.

I dati forniti dai siti di e-commerce potrebbero indicare, per esempio, quali sono i colori, i materiali e gli stili preferiti in un certo paese o in una determinata città, mettendo insieme le informazioni sui capi più acquistati. Anche i social network potrebbero fornire dati sulle tendenze. Esistono già aziende che offrono a rivenditori e case di moda la possibilità di studiare dati sui propri concorrenti per essere più competitivi; la britannica Edited ha costruito un software che è in grado di riconoscere e classificare i capi di abbigliamento a partire dalle immagini dei capi in vendita sui siti online, e di ricavarne informazioni in più di 30 paesi e per più di 35 lingue; Stylumia invece è un programma che mette insieme i dati ricavati da siti di e-commerce, video e social network per trovare nuove tendenze.

I bot come “personal shoppers

Un altro strumento di intelligenza artificiale che probabilmente sarà usato sempre di più in futuro sono i bot, i programmi che rispondono alle domande degli utenti e, ancora con molte limitazioni, conversano con loro. Attraverso Messenger, la app per scambiarsi messaggi su Facebook, si possono già fare acquisti online; a metà aprile, non appena è stato possibile, il sito di e-commerce Spring ha attivato un bot che permette di vedere e scegliere i capi di abbigliamento a cui si è interessati direttamente su Messenger.

Thread è un servizio online che a seconda dei gusti, delle esigenze e delle caratteristiche fisiche dell’utente propone capi di abbigliamento da acquistare online scelti tra 200mila opzioni, tra cui prodotti dei marchi Burberry, Jigsaw e Topman. Il software tiene in considerazione anche il clima del luogo in cui il cliente vive e quali prodotti sono stati acquistati da persone con abitudini simili; per ora è disponibile solo per gli uomini. Il marchio di abbigliamento tecnico e sportivo The North Face ha collaborato con IBM per personalizzare l’uso del suo sito di e-commerce: grazie al sistema di intelligenza artificiale Watson, gli utenti del sito sono guidati nel fare acquisti come lo sarebbero in un negozio fisico; fornendo informazioni su genere, periodo dell’anno ed esigenze personali ricevono consigli specifici per le loro necessità.

Esistono anche app (come Snap Fashion e ASAP54) che permettono di riconoscere i capi di abbigliamento a partire da immagini di persone viste per strada o in fotografia e che grazie a un motore di ricerca propongono prodotti simili in vendita online. Tuttavia queste app sono ancora lontane dal fornire informazioni affidabili, secondo Business of Fashion.

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