Un baule del 1906 (AP Photo/Thibault Camus)

La storia dei bauli di Louis Vuitton

Raccontata con una mostra a Parigi a partire da quello squadrato e rivoluzionario inventato nel 1858

La valigeria di Louis Vuitton – bauli, valigie, borse e tutto ciò che è legato ai viaggi – è probabilmente il settore più rappresentativo dell’azienda, nata più di 160 anni fa a Parigi proprio con un negozio di bauli. Fino al 22 febbraio la mostra Volez, Voguez, Voyagez – Louis Vuitton al Grand Palais di Parigi ne ricostruisce la storia e i modelli fondamentali: il baule con la superficie piatta, quello “biblioteca” di Hemingway, quello realizzato per il servizio da tè di un maharaja, fino alla storia della creazione delle tele Monogram e Damier.

Nel 1835, a quattordici anni, Louis Vuitton lasciò il suo paese natale, Anchay, nella Francia orientale vicino al confine con la Svizzera, e dopo svariati lavoretti e spostamenti – sempre a piedi – arrivò a Parigi, nel 1837. Lì venne assunto come apprendista imballatore da Romain Maréchal, che produceva scatole e casse utilizzate per imballare oggetti di uso quotidiano e grandi armadi.

Nel 1854 Louis Vuitton aprì il suo negozio, Louis Vuitton Malletier, in rue Neuve-des-Capucines, dove vendeva bauli da viaggio che attirarono presto l’attenzione dell’alta società, tanto che l’imperatrice Eugenia de Montijo, moglie di Napoleone III, lo nominò suo personale imballatore e costruttore di bauli. Nel 1858 inventò uno dei bauli più famosi, tra quelli storici in mostra: creato con materiali leggeri e resistenti, era un parallelepipedo a base rettangolare anziché arrotondata come si usava a quel tempo, così da essere caricato più agilmente sulle navi e sui treni. Nel 1859 Louis Vuitton aprì un laboratorio ad Asnières-sur-Seine, poco fuori Parigi, e nel 1878 si trasferì a vivere in una villa lì accanto. Ancora oggi ad Asnières-sur-Seine, negli stessi edifici, si trova l’atelier della casa di moda, che vi crea accessori da viaggio su misura ed è l’unico stabilimento di produzione sotto la guida diretta di un membro della famiglia, in questo caso Patrick-Louis Vuitton, il pro-pro nipote di Louis.

Tra gli altri storici oggetti da viaggio, c’è il primo baule-armadio verticale, inventato nel 1875 e organizzato internamente con cassetti e appendi-abiti così da poter trasportare il proprio guardaroba senza dover disfare le valigie. E poi ancora: il baule doccia, il baule altare, il baule letto e quello per il servizio da tè, come quello in mostra, creato nel 1926 per Sayyaji Rao Gaekwad III, maharaja di Baroda, uno stato indiano. Nel 1927 Gaston Vuitton, nipote di Louis, consegnò allo scrittore Ernest Hemingway il suo personale baule-biblioteca.

Gia nei primi anni di attività, Louis Vuitton dovette proteggersi dai tentativi di falsificazione. Per distinguere i suoi bauli originali da quelli falsi, nel 1888 inventò la tela Damier, che alterna in una sorta di scacchiera quadrati chiari e scuri, solitamente sulle tonalità del marrone, ma c’è anche la versione grigio e panna.

La tela Damier

La celebre tela Monogram – con motivi floreali, forme geometriche, e la sigla “LV – fu inventata nel 1896 dal figlio Georges, che subentrò alla guida del laboratorio quando Louis Vuitton morì nel 1892.

La tela Monogram

Paradossalmente oggi il motivo Monogram è diventato tra quelli più falsificati al mondo: secondo una classifica del World Customs Organisation (WCO) Louis Vuitton è il sesto marchio più contraffatto al mondo; Forbes scrive che l’azienda investe 15 milioni di euro all’anno nel suo dipartimento legale in cause legate alla contraffazione.

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