Il vocabolario della lingua italiana dell'Accademia della Crusca (Ansa)

Anche l’italiano ha avuto i suoi accenti circonflessi

Stefano Bartezzaghi sulla discussa riforma della lingua francese e quella che servirebbe alla lingua italiana

In Francia la settimana scorsa c’è stata una protesta contro la decisione degli editori dei libri scolastici di adeguarsi a una riforma della lingua francese che ha ammesso, tra le altre cose, la scrittura semplificata di circa 2.400 parole. La proposta ha coinvolto soprattutto partiti e movimenti di estrema destra, che si sono opposti in particolare all’eliminazione dell’accento circonflesso da tutte quelle parole in cui la sua presenza non cambia pronuncia o significato. Su Repubblica di lunedì 8 febbraio il linguista Stefano Bartezzaghi ha ricordato di quando anche l’italiano aveva qualche accento circonflesso, come il francese, ed elenca tutti i casi in cui si potrebbe semplificare la lingua. Bartezzaghi distingue però tra i cambiamenti della lingua scritta motivati dalla semplificazione e quelli dovuti agli “usi devianti” come il frequente “qual’è”.

Anche l’italiano ha avuto i suoi circonflessi, come in “principî” (plurale di “principio”) per distinzione da “prìncipi” (plurale di”principe”), o “assassinî” e “omicidî”: ma li abbiamo persi per tempo, fidandoci che il contesto ci dica quello che l’ortografia ci tace.
Quali altre semplificazioni adottare? Ci sarebbe sempre quel problema con le moleste “i” che vanno e vengono da “superficie”, “deficiente”, “cosciente”, “conoscente”, “sognare” e “sogniamo”, “pasticcere” e “pasticcieria”, che solo speciali pronunce regionali fanno sentire all’orale (magari anche quando non ci sono) e mettono dubbi tremendi quando si scrive. E con “province” o “provincie” e “ciliege” o “ciliegie”?

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