Dario Di Vico ha raccontato sul Corriere della Sera tutti i guai economici della città di Parma, dove due istituzioni cittadine si trovano in gravi difficoltà finanziarie. Il comune, mettendo assieme i debiti delle varie aziende municipali, potrebbe infatti avere tra i 600 e i 700 milioni di euro di debito. La squadra di calcio della città, il Parma – che ha nuovamente cambiato proprietario poche settimane fa e ora rischia nuovamente il fallimento – domenica non disputerà la partita di campionato perché la società non ha i soldi per garantire gli standard minimi di sicurezza al Tardini, lo stadio di Parma.
Il caso Parma si potrebbe sintetizzare così: c’era una volta una ricca città di provincia che aspirava ad essere «une petite Capitale» e che invece per l’insipienza delle sue classi dirigenti si è ritrovata, nel giro di un lustro, in bolletta. La squadra di calcio che pure aveva addirittura scalato i vertici europei vincendo una Coppa Uefa non ha nemmeno i soldi per pagare gli steward per una normalissima partita di campionato, l’aeroporto rischia di venir chiuso perché non ci sono i 2,5 milioni l’anno per farlo funzionare, il debito del Comune viaggia comunque tra i 600 e i 700 milioni e per di più il sindaco Federico Pizzarotti, figlio di una rivolta popolare che aveva portato nelle urne i Cinque Stelle al potere, lancia un disperato avviso ai cittadini perché Parma è in mano agli spacciatori.
La somma degli avvenimenti che stanno scuotendo la città ducale ha dell’inverosimile e passa ancora per il declassamento della Biblioteca Palatina e il varo di una stagione del Teatro Regio che gli appassionati considerano a scartamento ridotto e indegna della tradizione verdiana.Sembra che tutte le contraddizioni che si sono accumulate negli anni stiano scoppiando in contemporanea e la sensazione di sconfitta che ne se ricava è unanime. Commenta Giuliano Molossi, direttore dello storico quotidiano locale, la Gazzetta di Parma : «Non si può sfuggire alla sensazione di un declino su più fronti e la chiusura dello stadio per mancanza di soldi è la goccia che fa traboccare il nostro vaso. Non ricordo francamente un precedente analogo in Italia».
La città, dunque, langue eppure tutti i Paesi del mondo vorrebbero avere una Parma tra le loro città e quelli che ce l’hanno invece l’hanno svalutata. Gli anni della grandeur, quando per soddisfare il vorace blocco di potere costruito sul mattone (i costruttori, l’ex ministro Pietro «Tunnel» Lunardi e gli amministratori comunali) si voleva fare della città una piccola Parigi strapiena di nuovi edifici, sono lontanissimi e ora arrivano solo dei grandi S.O.S. al governo, alla Lega Calcio e all’imprenditoria sana. Racconta Molossi: «Nelle chiacchiere da bar si spera che a risolvere i problemi venga qualcuno da fuori oppure che si muovano i Barilla per comprare il calcio e l’aeroporto. Ma non avverrà niente di tutto ciò, nessuno è disposto a buttar soldi».
Il sindaco Pizzarotti alla sua prima esperienza politica si è trovato un fardello di problemi obiettivamente pesante da affrontare. Doveva incarnare un nuovo modello far di politica, dar vita a un’esperienza che da Parma si sarebbe estesa a Roma portando i grillini a palazzo Chigi, ma nei fatti il suo bilancio è gramo. Aveva promesso agli elettori di fermare l’inceneritore che si stava costruendo alle porte di Parma ma ha perso tutti i ricorsi presentati ai tribunali amministrativi e, soprattutto, davanti al maxi-debito lasciatogli dalla precedente giunta Vignali ha scelto di minimizzare o addirittura in qualche occasione si è vantato pubblicamente di averlo ridotto. «Nella realtà ha solo liquidato e ceduto alcune società trasformando una quota del debito in perdita patrimoniale» sostiene Massimo Iotti, consigliere comunale del Pd e acerrimo contestatore del sindaco.
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