SYDNEY, AUSTRALIA - DECEMBER 15: (EDITORS NOTE: Retransmission with alternate crop.) A woman is carried out by police from the Lindt Cafe, Martin Place following a hostage standoff on December 15, 2014 in Sydney, Australia. Police stormed the Sydney cafe as a gunman had been holding hostages for 16 hours. (Photo by Joosep Martinson/Getty Images)

Il sequestro a Sydney

Un uomo ha tenuto in ostaggio 17 persone in una caffetteria per circa 16 ore, dopo le quali la polizia ha fatto irruzione: sono morti il sequestratore e due ostaggi

Tre persone sono morte e quattro sono rimaste ferite in un sequestro durato circa 16 ore, in una caffetteria di Sydney. Un uomo – un iraniano di 50 anni con precedenti – ha tenuto in ostaggio dalle 9:40 del mattino di lunedì (le 23:40 di domenica in Italia) 17 persone, finché alle 16.10 (ora italiana) la polizia è entrata nella caffetteria, dopo avere sentito degli spari provenire dall’interno. Prima dell’irruzione della polizia cinque ostaggi erano riusciti a scappare dal bar. Durante l’operazione si sono sentiti alcune esplosioni, forse di granate stordenti lanciate della polizia, e colpi di arma da fuoco, dopo che alcune persone – o 5 o 6 – sono uscite dalla caffetteria subito dopo che i primi colpi sono stati esplosi. La polizia australiana ha detto che gli ostaggi erano 17, e che tre persone sono morte, tra cui il sequestratore. Le persone uccise sono un uomo di 34 anni e una donna di 38. La donna si chiamava Katrina Dawson, era avvocato e aveva tre figli. L’uomo era il manager del Lindt Cafe, si chiamava Tori Johnson. La loro identità è stata resa nota dopo qualche ora dal termine delle operazioni. I feriti sono tre donne e un poliziotto: sono in ospedale in condizioni non critiche. Al momento l’accesso alla zona attorno a Martin Place, dove si trova la caffetteria, è ancora bloccato, e le autorità hanno chiesto a chi lavora nelle vicinanze di lavorare da casa, se possibile.

Le cose da sapere, in breve

• Un uomo ha tenuto in ostaggio 17 persone all’interno di una caffetteria a Sydney, in Australia, dalle 9:40 del mattino di lunedì (in Italia erano le 23:40 di domenica).
• Intorno alle 16:10, ora italiana, la polizia di Sydney è intervenuta nel locale, dopo aver sentito dei colpi di arma da fuoco esplosi all’interno: ci sono state alcune esplosioni e in seguito numerosi colpi di arma da fuoco.
• L’autore del sequestro è stato identificato dalla polizia come Man Haron Monis, un uomo di 50 anni di origini iraniane e rifugiato in Australia del 1996.
• L’autore del sequestro ha fatto mostrare ad alcuni ostaggi una bandiera islamica a una delle vetrine, ha chiesto di potere parlare di persona con il primo ministro, Tony Abbott, e di farsi portare una bandiera dello Stato Islamico.
• 5 persone erano riuscite a uscire dalla caffetteria poche ore dopo l’inizio del sequestro.
• 3 persone – tra cui il sequestratore – sono morte dopo la sparatoria tra il sequestratore e la polizia. Altre quattro persone sono rimaste ferite, sono in ospedale in condizioni non critiche.

 

Cosa sappiamo fino a ora sul sequestro di Sydney
A Sydney, in Australia, dalle 9:40 del mattino di lunedì (erano le 23:40 di domenica in Italia) un uomo ha preso in ostaggio 17 persone all’interno del Lindt Cafe a Martin Place, nell’area commerciale della città. La televisione australiana ha trasmesso alcune immagini dalla caffetteria: si sono viste tre persone con le mani su una vetrina, e una bandiera nera con una scritta in arabo. Il CEO di Lindt Australia, Steve Loane, aveva detto alla stampa che all’interno dell’edificio c’era una quarantina di persone, ma la polizia aveva stimato un numero inferiore, al di sotto delle 30 persone. La zona è stata isolata e le autorità sono rimaste in contatto con l’assalitore.

Un giornalista di Channel 7 che si trovava sul posto aveva detto di avere contato circa 15 ostaggi, tra i quali ci sarebbero stati anche alcuni giovani e persone anziane, ma non bambini. L’assalitore ha obbligato alcuni di loro a stare per diverse ore a turno davanti alle vetrine, rivolti verso gli agenti di polizia. Su YouTube è stato più volte caricato, e rapidamente rimosso dal sito, un video in cui sembrava essere ripreso uno degli ostaggi mentre elencava le richieste dell’autore del sequestro. Le autorità hanno chiesto ai media di non diffondere il video e soprattutto di non fare menzione delle informazioni che contiene, ma il filmato è stato condiviso rapidamente sui social network.

Cinque persone – tre uomini e due donne – erano riuscite a uscire dal locale poche ore dopo l’inizio del sequestro e a raggiungere gli agenti.

La polizia ha confermato che l’uomo è Man Haron Monis, di 50 anni, di origini iraniane e rifugiato in Australia dal 1996 e conosciuto anche con il nome Sheikh Haron. Si parlò di lui in Australia per una campagna che portò avanti contro l’esercito australiano, accusato di avere preso parte alla guerra in Afghanistan. Inviò lettere ad alcune famiglie di soldati uccisi definendoli assassini e insultandoli pesantemente. Lo scorso aprile fu anche accusato di violenza sessuale nei confronti di una donna che si era rivolta a lui per alcune prestazioni da “guaritore” e a ottobre fu accusato di diversi altri casi di violenza. È anche in libertà vigilata perché considerato un complice nell’omicidio della sua ex moglie.

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Almeno tre emittenti australiane erano state contattate da alcuni ostaggi all’interno del bar. Stando alla loro versione, l’assalitore avrebbe chiesto di poter parlare con il primo ministro, Tony Abbott, e di avere il prima possibile una bandiera dello Stato Islamico da mostrare nel locale.

Al termine di una riunione del Comitato di sicurezza nazionale del governo, il primo ministro Abbott aveva letto un breve comunicato:

Si tratta di un evento inquietante. È sconvolgente che degli innocenti debbano essere tenuti in ostaggio da una persona con motivazioni politiche. Ciò nonostante, posso dire che la polizia del New South Wales e gli agenti di altre agenzie stanno gestendo la situazione con grande professionalità.

Abbott ha poi aggiunto di avere ricevuto messaggi di solidarietà da molti capo di stato nelle ultime ore.

Verso le 13.30 ora locale di Sydney (le 3.30 di notte in Italia), la stazione radio australiana 2GB aveva confermato che Ray Hadley, un suo conduttore radiofonico, si era messo in contatto telefonico con uno degli ostaggi all’interno del Lindt Cafè. Paul Murray, giornalista di Sky News Australiaaveva scritto che Hadley aveva detto di avere sentito in sottofondo radio che stavano trasmettendo e un uomo che urlava ordini agli ostaggi. Inoltre un assalitore avrebbe chiesto a Hadley di poter parlare sulla sua radio in diretta. Hadley avrebbe risposto di no, perché non è un negoziatore o mediatore professionista. Di questo scambio, a parte le fonti citate, non ci sono altre conferme.

Secondo diversi siti di news, tra cui il Guardian, la bandiera che si è vista dalle immagini televisive si riferiva alla Shahada, la testimonianza con cui il fedele musulmano dichiara di credere in un dio unico e nella missione profetica di Maometto. Si tratta di un simbolo che appare spesso nel mondo islamico, ad esempio è presente nella bandiera dell’Arabia Saudita. Viene utilizzata anche da alcuni gruppi jihadisti, tra cui il Fronte al Nusra, il gruppo che “rappresenta” al Qaida in Siria.

Poco dopo le 16 alcuni ostaggi sono usciti dalla caffetteria e poco dopo gli agenti di polizia hanno avviato un’operazione per entrare nel locale. Sono state lanciate alcune granate stordenti, in seguito gli agenti sono entrati e c’è stata una sparatoria durata circa un minuto. Successivamente sono state trasportate fuori dalla caffetteria diverse persone – alcune delle quali in barella – accompagnate dai soccorritori, come si vede in questo video diffuso da Associated Press.

La polizia ha confermato che tre persone sono morte, e che tra queste c’è il sequestratore, che è morto in ospedale. Le altre due vittime sono un uomo di 34 anni e una donna di 38 anni. Due donne sono state portate in ospedale, ma non sono in condizioni critiche. Un’altra donna è stata ferita a una spalla da un colpo di arma da fuoco, ed è stata portata in ospedale. Un poliziotto è rimasto ferito al volto dai frammenti di un proiettile, ma anche lui non è in condizioni gravi. Non è ancora stato chiarito se i due ostaggi siano stati uccisi dal sequestratore o se siano morti durante la sparatoria.

Il commissario di polizia del New South Wales Andrew Scipione ha spiegato durante la conferenza stampa che la polizia è entrata nella caffetteria dopo aver sentito alcuni colpi di arma da fuoco esplosi all’interno, e ha definito il sequestro un “episodio isolato”. Ai giornalisti che gli hanno chiesto chiarimenti sulle morti dei due ostaggi, Scipione ha detto che è in corso un’indagine: «Dobbiamo realmente capire che cosa è successo e cosa è successo dentro la caffetteria. Non è il momento delle speculazioni o di costruire teorie. Analizzeremo i fatti e vi informeremo appena potremo». Nella caffetteria la polizia ha detto di non avere trovato esplosivi.

Scipione ha poi ringraziato i poliziotti coinvolti nell’operazione:

Anche io vorrei elogiare il lavoro della polizia. Mentre tutti ora possiamo giudicare con il senno di poi cosa è successo realmente nelle ultime ore, beh, ci sono certe persone che hanno dovuto prendere le decisioni. La nostra polizia ha dovuto gestire questo incidente. È stato un lavoro duro e impegnativo. (…) Vorrei evidenziare che hanno salvato delle vite, hanno salvato molte vite, e noi ringraziamo quegli uomini e quelle donne, tutti quelli che sono stati coinvolti. Come vostro commissario vi ringrazio, ma come comunità, sono sicuro che anche l’Australia vi ringrazi.

Dopo la conferenza stampa, il primo ministro australiano Tony Abbot ha diffuso un comunicato:

 Gli Australiani si svegliano questa mattina con la notizia che il sequestro a Martin Place è finito. I nostri pensieri e preghiere sono con le famiglie dei due ostaggi deceduti, dei feriti e degli altri ostaggi.  Voglio elogiare il coraggio e la professionalità della polizia del New South Wales e gli altri servizi di emergenza coinvolti.

Abbott in precedenza aveva tenuto una conferenza stampa in cui aveva detto che “non sappiamo ancora se la situazione degli ostaggi a Sydney abbia motivazioni politiche. Ma ci sono alcune indicazioni che fanno pensare che lo sia”. Abbott aveva in precedenza diffuso una nota riguardo la situazione con gli ostaggi:

«La polizia del New South Wales [lo stato dell’Australia dove si trova anche Sydney, ndr] e la Polizia Federale Australiana stanno attualmente rispondendo a quello che sembra essere un incidente con il coinvolgimento di ostaggi a Martin Place, Sydney.
Ho parlato con il premier del New South Wales, Mike Baird, e gli offerto tutto il sostegno e l’assistenza che il Commonwealth può assicurargli.
Il Comitato Nazionale per la Sicurezza del Governo ha deciso di riunirsi per discutere la situazione.
Questo incidente è ovviamente molto preoccupante, ma tutti gli australiani devono sentirsi rassicurati che le nostre forze di polizia e le nostre agenzie di sicurezza sono ben addestrate ed equipaggiate e che stanno rispondendo in maniera adeguata e professionale.
Vi forniremo regolari aggiornamenti mano a mano che saranno disponibili ulteriori informazioni.»

Qualche ora prima dell’incidente a Martin Place, la polizia australiana aveva fermato una persona sospettata di aver finanziato attività terroristiche. L’arresto è avvenuto in un quartiere nordoccidentale della città. Diversi giornali hanno scritto che questa operazione è legata all’operazione antiterrorismo avvenuta lo scorso settembre, la più grande nella storia del paese.

Le principali comunità musulmane dell’Australia hanno condannato il sequestro a Sydney e detto di essere solidali con le persone tenute in ostaggio, ma ci sono preoccupazioni per possibili accuse generalizzate nei loro confronti. Utilizzando l’hashtag #illridewithyou sui social network, migliaia di persone hanno pubblicato messaggi di solidarietà nei confronti della popolazione musulmana che vive nel paese. L’hashtag fa riferimento all’offerta di aiuto verso persone di fede musulmana che molti australiani stanno facendo per accompagnarle sui mezzi di trasporto, e rassicurarle. L’hashtag #illridewithyou è tra i più usati in queste ore su Twitter in tutto il mondo.

 

 

 

Foto: Joosep Martinson/Getty Images

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