<<enter caption here>> on September 14, 2014 in Lugansk, Ukraine.

Semplificazioni sulla guerra in Ucraina

Barbara Spinelli ha scritto alla Stampa per contestare che nessuno spieghi bene le complessità della guerra nell'Ucraina orientale

Barbara Spinelli, giornalista e commentatrice politica a lungo collaboratrice dei quotidiani Stampa e Repubblica, ha scritto una lettera alla Stampa – dallo scorso maggio ha lasciato le collaborazioni dopo essere stata eletta parlamentare europea della lista Tsipras (in modo un po’ controverso) – per criticare il modo superficiale e schematico con cui i media italiani raccontano la guerra in Ucraina, e le semplificazioni rispetto alla complessità del problema e alle difficoltà di trovargli una soluzione. Benché nell’esposizione di Spinelli si notino delle robuste omissioni sul ruolo della Russia nel creare e aggravare gran parte dei problemi in questione, e un’inclinazione antiucraina sospetta quanto quelle filoucraine che contesta, la richiesta di minori semplificazioni e schematismi su buoni e cattivi suona fondata e argomentata.

Caro direttore,
fin dal marzo scorso, Helmut Schmidt mise in guardia i governi europei e Washington, su Ucraina e Russia: troppo grande era l’«agitazione» occidentale. Troppo pericoloso mimare la riedizione della guerra fredda con Putin, troppo vasta l’ignoranza della storia e di quel che essa dovrebbe insegnare. Ci insegna che si entrò così nella Prima guerra mondiale: barcollando come ubriachi che non vogliono quel che fanno, ma lo fanno lo stesso. E si precipitò nella catastrofe anche quando le guerre furono volute, pianificate: quando Napoleone invase la Russia nel 1811-12, quando Hitler ripeté la spedizione nel 1941.
La terza guerra mondiale che oggi stiamo rischiando nasce dagli stessi vizi: incompetenza, forme di ignoranza militante, scarsa prudenza, infine sterile agitazione.
Lo stato di concitazione cui allude l’ex Cancelliere ha come principale conseguenza la disinformazione su quel che veramente accade sul terreno, e responsabili sono quindi non solo i governi ma, forse in prima linea, la stampa. Mancano autentici reportage sull’Est ucraino (sul Donbass essenzialmente, regione industrial-mineraria a prevalenza russofona; sul pogrom antirusso a Odessa del 2 maggio; sull’aereo abbattuto della Malaysia Airlines); come mancano sul governo di Kiev e come è nato: non da moti di piazza filoeuropei (il famoso Euromaidan fu presto catturato da nazionalisti russofobi). Lo sguardo di giornali e governi è affetto da grave strabismo, mettendosi di fatto al servizio di chi vuole disseppellire la guerra fredda. «Fuck the EU!», disse a febbraio il vice segretario di Stato Victoria Nuland, e i dirigenti europei hanno eseguito, accettando di negoziare il futuro di Kiev con Mosca e anche con Washington, che con l’Ucraina ha poco a che vedere.

(continua a leggere sulla rassegna stampa Treccani)

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