Il nuovo numero del New Yorker, uscito lunedì 16 settembre, presenta un lieve restyling grafico, annunciato domenica in un video dal direttore creativo della rivista, Wyatt Mitchell. Il New Yorker è particolarmente famoso non solo per i suoi articoli di approfondimento, ma anche per le bellissime copertine e la grafica elegante, minimale e accurata, che ha subìto pochissimi cambiamenti nel corso degli anni.
Le modifiche sono state realizzate da Mitchell e una squadra di 13 persone, che nell’ultimo anno hanno studiato i vecchi numeri del New Yorker per modernizzare al meglio l’aspetto della rivista restando vicini al modello originario. I grafici hanno rinnovato il font disegnato dal primo direttore creativo del New Yorker Rea Irvin – che realizzò anche la prima copertina del 21 febbraio 1921, con il dandy Eustace Tilley – e introdotto come secondo font Neutraface (quello usato, per esempio, nei poster del film Quantum of Solace). Sono state inoltre ridisegnate alcune sezioni della rivista: il sommario e la pagina dei collaboratori, diventate più chiare e ordinate, la sezione delle Briefly Noted e quella dei racconti letterari.
Le pagine che hanno subito più modifiche sono quelle di Goings On About Town, la sezione iniziale che segnala gli eventi culturali e artistici di New York: la rubrica adesso è aperta da una foto a tutta pagina e i dettagli sugli eventi – come gli indirizzi dei cinema e dei teatri – sono stati notevolmente ridotti. Come ha spiegato il direttore del New Yorker David Remnick, tutte quelle indicazioni non sono più necessarie: molti lettori della rivista non abitano a New York, e sei vuoi scoprire dove si trova un certo teatro, la risposta «è a portata di Google».
Le modifiche non sono quindi particolarmente drastiche: Remnick ha detto che i lettori abituali saprebbero riconoscere la rivista da un metro. Remnick ha spiegato che «abbiamo mantenuto invariato il DNA» del New Yorker e «aggiunto alcuni elementi moderni». Nonostante questo si aspetta di ricevere comunque delle critiche da alcuni lettori: «Ma va bene così: le cose poi si assestano».
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