Beppe Severgnini scrive sul Corriere della Sera di oggi che “noi maschi dovremmo occuparci di più” del femminicidio per evitare che diventi “un dramma confinato in un universo femminile: ne parlano le donne, ne scrivono le donne”. Anche perché riguarda parecchi uomini, che sono “tra di noi”.
Ero a Madonna di Campiglio e li ho incrociati. Professionisti di mezza età con redditi da adulti e vezzi da giovani: un’auto veloce, un’attenta trasandatezza nei vestiti, le salite in bici come nuova sfida, il calcio o il tennis praticati con agonistica serietà, i risultati esibiti come prove di gioventù residua. Chiacchiere notturne di amori e viaggi. L’estate come stagione speciale, un catalogo di possibilità tra città vuote e spiagge piene; e la montagna dell’infanzia, dove tornare da vincitori.
Non ho incontrato Vittorio Ciccolini con Lucia Bellucci, ma avrei potuto. A Campiglio come in tante località turistiche italiane, belle e borghesi.
Una coppia italiana in rotta verso un ristorante: lei, estetista, sorridente sotto tanti capelli; lui, avvocato, concentrato come il protagonista di un telefilm. Finito male, purtroppo: Vittorio, veronese di 45 anni, ha ucciso Lucia, pesarese di 31 anni. L’ha strangolata, l’ha accoltellata, ha cercato di metterne il corpo nel bagagliaio della Bmw cabrio, non c’è riuscito e ha guidato col cadavere a fianco fino a Verona. Poi ha chiuso macchina e vittima nel garage della madre. Arrestato, ha confessato: «Ho fatto una cavolata». Chiamala cavolata.
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foto: una manifestazione contro la violenza di genere in Brasile il 21 febbraio 2013. (PEDRO LADEIRA/AFP/Getty Images)
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