<p>American movie star Mickey Rourke, relaxes on the beach, on the Croisette, in Cannes, France after world premiere of his film &#8220;Homeboy&#8221;, directed by Michael Seresin, August 20, 1988. (AP Photo/Gilbert Tourte)</p>

60 anni da Mickey Rourke

Non sono stati facili, ragione in più per fargli gli auguri di buon compleanno e ricordarlo da figo

“Sfasciato”, è la parola. Poche cose reali somigliano così esattamente a un termine della lingua come la faccia di Mickey Rourke e la parola “sfasciato”. È stato così da quasi subito. Abbiamo fatto in tempo a notarlo in un po’ di parti minori nei suoi primi film (tutti con registi grandissimi: 1941 di Spielberg, I cancelli del cielo di Cimino, Brivido caldo di Kasdan, Rusty il selvaggio di Coppola) e a trovarlo fighissimo in quelle memorabili dell’Anno del dragone, 9 settimane e mezzo (film scarso, diciamocelo, ma fu un botto) e Angel Heart, a metà degli anni Ottanta, che i suoi film cominciarono a peggiorare e lui a sfasciarsi, come se fosse entrato nella parte dello sfasciato scrittore Bukowski che interpretò in Barfly.

Certo, aveva già preso un sacco di botte cominciando a fare il pugile da ragazzino, e quello aiutò, complici un paio di traumi cranici (e suo padre aveva abbandonato la famiglia che aveva 5 anni e non lo rivede per venti, a complicare l’infanzia). Poi ricominciò, da professionista, nel 1991, dopo aver infilato una serie di film o mediocri o fallimentari, o entrambe le cose: con i grandi registi che lo consideravano un enorme talento ingestibile e lui stesso che sembrava non poterne più. Se la cavò ancora bene – era forte – ma prese un altro sacco di legnate. Dovette fare una serie di operazioni chirurgiche al volto e disse poi che alcune di quelle furono fatte molto male. Smise dopo quattro anni.

E ci tornò davanti, al cinema, sfasciato: ammesso che andassimo a vedere i film che fece allora, più deboli ancora di quelli con cui aveva lasciato. Poi fu infine notata e apprezzata la sua parte in Sin City, nel 2005, malgrado il film non fu un successo straordinario. E nel 2008 arrivò il grande ritorno del figliol prodigo tra le braccia della comunità mondiale dei cinefili, lo sfasciato nella parte dello sfasciato: The wrestler. Il film vinse a Venezia, e lui prese un Golden Globe: ma l’Oscar lo diedero a Sean Penn. Poi ha fatto altre cose e altre ne sta facendo, ma si era capito che The wrestler era la sanzione finale delle due cose che è stato nella vita.

Oggi compie 60 anni. È giovane, ha scritto cose per il cinema, è probabilmente in grado di fare altro: una terza cosa, va’ a sapere. Intanto, buon compleanno, che ti sei rimesso insieme.

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