Michele Brambilla sulla Stampa di oggi pensa che in molti si siano fatti prendere la mano, soprattutto tra i giornalisti, nel descrivere e dare spiegazioni alla bomba di Brindisi.
Non per infierire, ma per cercare di capire quanto è avvelenato il nostro Paese, è opportuno ricordare che cosa è stato detto e scritto nei giorni successivi all’attentato di Brindisi.
Il 20 maggio Paolo Flores d’Arcais, come molti altri, mostrava di non avere dubbi, nonostante la prudenza della magistratura: «Chi ha compiuto l’orrore sa di avere spalle copertissime. È certo di far parte di una potentissima “strategia della tensione”».
Dopo aver accostato la morte di Melissa a Portella della Ginestra, a piazza Fontana, a piazza della Loggia e alle stragi del ‘91-‘93, il direttore di MicroMega riesumava un anti berlusconismo che si credeva ormai superato dagli eventi. E al Cavaliere – che ha molte colpe e che abbiamo molto criticato: ma le bombe sono le bombe – addossava la responsabilità diretta della stagione del terrore. Stagione che si sarebbe appunto interrotta, non a caso, nel famigerato «ventennio berlusconiano», un «regime – scriveva Flores d’Arcais – in cui i settori eversivi (molto ampli) dell’establishment vanno direttamente al governo e la strategia della tensione e delle stragi sarebbe autolesionista». Ma adesso che Berlusconi non è più al governo, guarda caso le bombe ritornano: «Ora la strategia della tensione è tornata, strategia di morte puntuale come la morte, perché le macerie cui il berlusconismo ha ridotto il Paese (…) hanno portato la fiducia dei cittadini nei partiti (complessivamente presi) a un comatoso quattro per cento». Erano i giorni in cui non si capiva se l’attentato di Brindisi fosse opera della mafia, o della Sacra Corona Unita, o degli anarchici, o di un pazzo; qualcuno parlava perfino di terrorismo islamico. Buio totale. Ma per Flores «anche un bambino capisce»: sono stati i partiti.
Un grande giornale scriveva di «una nuova tragica dimostrazione di come, sulle mafie, appena si abbassa l’attenzione tutto precipita». Veltroni faceva notare l’evidente nesso fra la bomba e il finto suicidio di Provenzano. Qualcuno ipotizzava una «trattativa-bis» fra mafia e Stato.
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foto: CONTROLUCE/AFP/GettyImages
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