L’assessorato regionale siciliano ha intenzione di ridimensionare il reparto di ostetricia dell’ospedale di Lipari, costringendo così le donne eoliane in gravidanza ad andare a partorire fuori dalle isole Eolie. Del caso si parla da un po’ e oggi lo racconta Marcello Sorgi sulla Stampa.
In tutto il mondo, e in Italia più che altrove, il luogo di nascita è un pezzo importante della propria identità. Si è torinesi, o milanesi, o veneziani, insomma, se si è nati a Torino, Milano o Venezia. E lo si è, o lo si diventa, anche se si è nati da genitori pugliesi o napoletani. Immaginate come devono sentirsi gli eoliani, il piccolo popolo di abitanti dell’arcipelago patrimonio naturale dell’Unesco, ora che hanno appreso che di qui a poco non sarà più possibile nascere a Lipari.
Dalle sette isole e dagli emigrati lontani, ma aggrappati con il filo dei sentimenti come patelle ai loro scogli, mille e cinquecento cartoline sono arrivate sulla scrivania di Napolitano. E il Presidente, eoliano acquisito perché viene a Stromboli in vacanza da una trentina di anni, ha promesso che interverrà, nei limiti dei suoi poteri, perché conosce bene l’animo orgoglioso dei suoi isolani. «Vogliamo protestare – hanno scritto al Capo dello Stato – per il ridimensionamento dell’Ospedale di Lipari e soprattutto perché qui non si potrà più nascere. Lipari e le Eolie sono isole con millenni di civiltà e chiediamo che non venga tagliato il diritto a far nascere i bambini in questa terra».
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