Aggiornamento del 13 giugno 2011
Un attivista di Edimburgo, Tom MacMaster, ha ammesso di essersi inventato la storia di Amina, come spieghiamo oggi qui.
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La notizia del rapimento è stata data dalla cugina Rania O. Ismali sul blog di Amina Araf. Rania riporta il racconta di un’amica di Amina, che ha assistito al sequestro. Verso le sei di mattina di lunedì le due si trovavano alla stazione degli autobus di Abbasid a Damasco per incontrare una persone del comitato locale costituito da attivisti e associazioni per i diritti umani. Amina avrebbe salutato l’amica per andare incontro alla persona che doveva incontrare e in quel momento sarebbe stata aggredita da tre uomini armati. Amina ha cercato di difendersi e ha detto all’amica di andare a cercare suo padre. Uno degli aggressori le avrebbe tappato la bocca e l’avrebbe spinta dentro una Dacia Logan con attaccato al finestrino un adesivo di Basel Assad, il fratello del presidente Bashar al-Assad morto in un incidente stradale nel 1994.
Secondo la cugina, i tre uomini potrebbero far parte dei servizi di sicurezza o delle milizie Baath. Al momento non si hanno notizie della ragazza e la famiglia sta cercando di rintracciarla. «Non sappiamo chi l’ha rapita, e quindi non sappiamo a chi chiederla indietro. È possibile che l’abbiano portata all’estero. Basandoci su quel che è successo ai membri di altre famiglie che sono stati fermati, pensiamo che molto probabilmente verrà rilasciata presto. Se l’avessero voluta uccidere, l’avrebbero già fatto». La notizia della sua scomparsa si è diffusa molto velocemente su internet e sono state aperte svariate pagine Facebook che chiedono la sua liberazione.
Amina Abdullah Araf è nata negli Stati Uniti da madre americana e padre siriano ed è cresciuta a metà tra i due paesi e da anni vive in Siria dove insegna inglese. La sua famiglia è molto ricca e ha da sempre stretti legami con il governo, di cui fanno parte alcuni suoi parenti, cosa che finora l’aveva protetta dalle ritorsioni del governo.
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