Roselina Salemi sulla Stampa racconta di un libro
Ha ragione il monaco Jorge da Borges, signore dello scriptorium nel pluripremiato «Il nome della rosa». Le cose ci sfuggono: «Nomina nuda tenemus». E va anche bene quando abbiamo che fare con una rosa, ma quando viviamo a Sfruz, a Zum Zeri o a Sferracavallo?
Così, a parte consultare l’ineguagliabile «Dizionario di Toponomastica» pubblicato da Utet, molti abitanti degli 8.094 comuni e delle 60.271 località e frazioni si interrogano sui remoti perché della loro denominazione.
I sospirolesi, per esempio, non ne possono più delle battute sui sospiri (vivono a Sospirolo, Belluno). Chi ha deciso che un posto si sarebbe dovuto chiamare per sempre Cocomaro di Focomorto (Ferrara)? O Nucleo Case Sparse (Torino)?. E una volta conosciute le ragioni, che fare?
Marino Montano (è uno pseudonimo, ovviamente) ha compilato una guida ai nomi strambi ma veri (Cairo Publishing, pp. 207, € 13), suggerendo spiegazioni in qualche caso crudeli, in qualche altro consolatorie. La sua idea di scherzarci su almeno spinge la gente a interrogarsi sul passato. E poi, ammettiamolo, certi nomi sembrano fatti apposta per provocare traumi e desideri di rivoluzioni linguistiche.
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