Oggi in prima pagina su Repubblica Adriano Sofri commenta le interpretazioni della morte di Monicelli apparse sui quotidiani di questi giorni.
Mancava qualcosa, alla riforma della scuola, e ora ci siamo: fuori Lucio Anneo Seneca, dentro Paola Binetti. Ieri ha parlato in Senato di Mario Monicelli come di un uomo disperato. Ha accusato: l´hanno lasciato solo, famiglia e amici. “Il suo è un gesto tremendo di solitudine non di libertà”, ha detto. Esistono persone invasate che credono di sapere di che cosa vivano e muoiano gli altri, e giudicano. Ieri in Italia si è litigato e urlato attorno alla morte di un uomo illustre, di 95 anni, malato e lucido. Io non so quali siano stati i pensieri ultimi di Monicelli. Se provo a immaginarlo, esercizio che si fa solo per se stessi, per l´ora della nostra morte, mi figuro che certo non si sia sentito solo e abbandonato, ma che abbia aspettato di essere solo per amore e compassione degli altri.
Il presidente di questa repubblica, salutando il suo antico amico, ha chiesto rispetto per il suo commiato, ha detto: “Se n’è andato con una ultima manifestazione della sua forte personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare”. Rispetto, è una parola delicata. La si impiega sempre più spesso come una formula di convenienza: “Con tutto il rispetto…”. Il rispetto vero ha bisogno di simpatia. O vorremo costruire la nostra piccola barricata quotidiana anche attorno a questa serata, pro-life e innamorati della morte? Monicelli si è suicidato: non amava la vita? La vita era stata presso di lui per un tempo eccezionalmente lungo, ora la morte gli era addosso.
(continua a leggere sulla rassegna stampa della Camera)
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