Stamattina il Giornale intervista sul crollo di Pompei l’archeologo Andrea Carandini, presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, che nelle ultime ore aveva espresso un’opinione controcorrente sulle dimensioni del disastro.
È andato prima da Augias e poi dalla Dandini per spiegare e scagionare l’amico-collega Sandro Bondi che però vorrebbe «vedere più spesso». Ha spiegato ai poco concilianti spettatori di Raitre che a Pompei il crollo è stato sì inevitabile ma, tutto sommato, provvidenziale. Quasi una benedizione. E ha messo in guardia per il futuro: Villa Adriana a Roma, tanto per dirne una. E se lo dice il più grosso esperto del settore, l’archeologo Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore per i Beni Culturali c’è da temere il peggio. L’avviso ai turisti per caso è chiaro: il dolore monumentale va circoscritto perché quello venuto giù a Pompei era solo un mostro architettonico. «Piuttosto – avverte il professore dal passato non propriamente di destra – non solo il ministro Bondi c’entra nulla, ma in mancanza di controlli sistematici preparatevi ad altri crolli». Sembra una provocazione, ma è solo l’analisi di un esperto che da 15 anni lancia allarmi invano.
Professore ci spieghi.
«Possibile che nessuno se ne sia accorto? Quello crollato è solo il restauro di Maiuri risalente agli anni Quaranta. A Pompei nella Domus dei Gladiatori non è successo nulla di grave, quella caduta giù è una struttura di cemento costruita nel secolo scorso, una superfetazione, quando invece oggi si usa il legno lamellare…».
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