Il sito del Corriere della Sera ha ripreso oggi un ritratto intervista che il quotidiano dedicò nel 1999 a Robert Edwards, premiato oggi col Nobel per la medicina.
«Nel prossimo millennio la fecondazione in vitro dovrà riuscire a fare meglio della natura». La sfida sembra quasi impossibile, se a lanciarla non fosse un personaggio d’eccezione: Robert Edwards, il “padre” di Louise Brown, la prima bambina al mondo nata dalla provetta, oggi poco più che ventenne. Un esperimento che all’epoca non aveva mancato di suscitare critiche e perplessità. Oggi il numero di bambini venuti al mondo grazie alle tecniche di riproduzione assistita ha oltrepassato quota trecentomila, ma ben più numerosi sono stati i fallimenti. La natura, d’altra parte, non è più generosa della tecnologia: una coppia giovane e fertile che vuole un figlio ha soltanto il 17 per cento di probabilità, per ogni ciclo, di concepire. Ecco allora la ricetta proposta da Edwards per migliorare i risultati in vitro: «È importante captare i messaggi che l’embrione ci invia. L’idea è quella di assegnargli una specie di punteggio, in base a certe sue caratteristiche, come si fa per eleggere Miss Mondo – scherza il ricercatore inglese – e impiantare in utero quelli con punteggio più alto. La percentuale di successi può aumentare dal venti fino all’ottanta per cento».
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