La Corte Suprema israeliana ha annullato l’ordinanza di carcerazione per le madri ortodosse a cui una precedente sentenza aveva ordinato di integrare le proprie figlie aschenazite nella stessa scuola delle ragazze sefardite: la lunga e controversa questione in cui si scontrano il concetto di laicità dello Stato e la pretesa degli ortodossi – “haredi” – che le norme religiose prevalgano.
La comunità ultraortodossa si oppone all’integrazione tra gli aschenaziti e i sefarditi in nome del rispetto delle rispettive identità religiose. Tre anni fa, ad Emmanuel, alcuni genitori avevano creato di fatto una scuola segregata, con funzioni separate per le allieve sefardite e quelle aschenazite. Successivi giudizi di tribunale avevano ordinato l’integrazione scolastica delle due comunità, ma i genitori ultraortodossi di alcune ragazze aschenazite le avevano ritirate dalla scuola piuttosto che acconsentire. La Corte Suprema aveva quindi ordinato che le ragazze tornassero a scuola, e aveva posto un ultimatum due settimane fa. Al suo scadere, aveva ordinato l’arresto di 81 genitori.
Due straordinarie manifestazioni di ortodossi – a Gerusalemme e a Bnei Brak, dove è il carcere – avevano protestato contro l’arresto dei genitori al momento dell’ingresso in prigione dei padri delle ragazze, la settimana scorsa. Adesso la Corte ha sancito che alcune madri non devono essere arrestate e che per le altre si aspetti che siano scarcerati i rispettivi mariti.
Ma la decisione non sembra attenuare lo scontro – vissuto dall’opinione pubblica laica come un attacco alla democrazia – con i principi degli ortodossi. “I nostri rabbini ci hanno sempre detto che la legge non prevale sui rabbini. I rabbini sono sopra la legge”, ha detto una madre dopo la sentenza.
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