L’ordine dei risultati di Google può influenzare un’elezione?

Un ricercatore americano dice che il modo in cui i motori di ricerca rispondono alle domande sulla politica non è imparziale: ora un nuovo gruppo di studio cercherà di capirne di più

di Craig Timberg – The Washington Post

(DIPTENDU DUTTA/AFP/Getty Images)
(DIPTENDU DUTTA/AFP/Getty Images)

Martedì un ricercatore – che da tempo sostiene che l’ordine con cui Google e altri motori di ricerca classificano i risultati di ricerca possa alterare gli esiti delle elezioni – ha annunciato la creazione di un sistema di monitoraggio globale per rilevare e contrastare gli effetti politici di questo presunto fenomeno. Da quando sollevò per la prima volta dubbi a riguardo nel 2013, Robert Epstein, ex direttore della rivista Psychology Today e cofondatore di un istituto californiano per la ricerca comportamentale, ha convinto molte persone della sua tesi grazie a una serie di esperimenti. Nonostante Google metta in discussione le conclusioni della sua ricerca, l’ultima iniziativa di Epstein ha il sostegno di 12 studiosi provenienti da quattro paesi diversi e da istituzioni come la Stanford University, la University of Maryland e l’Università di Amsterdam.

Il sistema di monitoraggio globale ideato da Epstein, che si chiama Sunlight Society, coinvolgerebbe persone di paesi diversi per svolgere ricerche su internet e trasmettere gli ordini dei risultati e i link a un ufficio centrale, dove verrebbero poi analizzati alla ricerca eventuali parzialità. Il sistema è simile a quello che Epstein e altri suoi colleghi hanno usato per individuare presunte parzialità nel corso della campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 2016, durante la quale 95 supervisori reclutati in 24 stati hanno raccolto oltre 13mila serie di classificazione dei risultati di ricerca e le 98mila pagine a cui rimandavano. In occasione delle presidenziali americane Epstein aveva detto che le ricerche legate alle elezioni avevano maggiori probabilità di mostrare link a pagine web che davano un’impressione positiva della candidata Democratica Hillary Clinton piuttosto che del candidato Repubblicano Donald Trump. Epstein, che sta cercando di raccogliere due milioni di dollari per finanziare il suo nuovo progetto, non ha fornito prove del fatto che la presunta manipolazione dei risultati fosse intenzionale.

Epstein ha detto che l’obiettivo di Sunlight Society è «rintracciare, studiare e rivelare l’esistenza di nuove tecnologie che minacciano la libertà umana». Tre dei dodici studiosi che sostengono pubblicamente il suo progetto hanno raccontato al Washington Post di essere incerti su quale sia l’origine della parzialità, ma di essere favorevoli alla creazione di un gruppo di studio sulla questione, considerato come i motori di ricerca siano diventati una delle fonti principali dell’informazione online. Spesso l’ordine dei risultati di ricerca varia da persona a persona in base alla posizione e ad altri fattori, come il browser usato e la cronologia di ricerca. «Una domanda con cui siamo ancora alle prese è: “Da dove arriva l’errore?”», ha detto Natali Helberger, una delle collaboratrice di Epstein e professoressa di giurisprudenza informatica all’Università di Amsterdam. «Probabilmente parte della parzialità deriva da noi stessi», ha aggiunto Helberger.

Google ha bollato la ricerca di Epstein come «nient’altro che una teoria del complotto mal costruita». «Non abbiamo mai rielaborato l’ordine dei risultati delle ricerche su un qualsiasi argomento (elezioni comprese) per manipolare le opinioni politiche», ha detto la società in un comunicato al Washington Post, «non aggiustiamo l’ordine dei risultati relativi a elezioni o candidati politici. Punto. Cerchiamo sempre di fornire ai nostri utenti le risposte più accurate e pertinenti alle loro domande», ha detto Google. Microsoft, proprietaria del motore di ricerca Bing, e Yahoo non hanno invece voluto commentare.

L’importanza dell’ordine dei risultati delle ricerche su internet è assodata quando si parla del modo in cui i clienti scelgono le offerte per fare acquisti online, quali siti internet consultare o che notizie leggere. Nel 2015 Espstein ha riassunto il suo studio sugli effetti dei risultati di ricerca sul comportamento politico nella rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Science. Il professore di giurisprudenza della University of Maryland Frank A. Pasquale, che nel 2007 aveva parlato pubblicamente della possibilità di istituire negli Stati Uniti una “Commissione di ricerca federale” per monitorare l’influenza sempre maggiore dei motori di ricerca, ha detto che la creazione di un gruppo di monitoraggio è un’iniziativa utile. «Fa parte di un ecosistema di responsabilizzazione», ha detto Pasquale, che sostiene pubblicamente il progetto di Espstein. Anche per Dennis Allison, che insegna al Computer Systems Laboratory di Stanford e sostiene il progetto di Epstein, lo studio sugli errori delle nuove tecnologie è importante. «L’origine della parzialità non è stata stabilita, da quello che vedo, ma è probabile che esista», ha detto Allison.

Nello studio di Epstein sulle elezioni del 2016, un cui riassunto verrà presentato il mese prossimo durante una conferenza internazionale di psicologia a Vienna, la parzialità era più evidente nei risultati di ricerca che apparivano alle persone che avevano già deciso come votare. I risultati erano meno obiettivi negli stati americani che tendevano verso il Partito Democratico, mentre il livello più basso di parzialità è stato rilevato negli stati in bilico, ha detto Epstein.

Panagiotis Metaxas, un professore di informatica del Wellesley College che ha studiato il funzionamento dei motori di ricerca ma non collabora con il progetto di Epstein, ha detto che il rischio maggiore della parzialità nell’ordine dei risultati è legato agli “spammer” o agli attivisti politici che cercano di manipolare le elezioni, e non alle società che gestiscono i motori di ricerca. Sulla base delle pubblicazioni di Epstein, Metaxas non è sicuro che Sunlight Society si concentrerà su questo obiettivo invece che sull’analisi di Google e di altre società tecnologiche. «La battaglia è altrove», ha detto Metaxas, «ma in generale penso che l’esistenza di un’organizzazione del genere non sia una cosa negativa».

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