L’indice di tristezza dei cartoni animati

La rivista Grantland ha compilato una classifica del dolore nei film d'animazione per bambini, tra anziani vedovi e svariati mammiferi orfani

In seguito al rapido diffondersi di videoregistratori VHS prima e lettori DVD poi – dalla fine degli anni Ottanta, l’“era” dell’home video, e fino a oggi – i lungometraggi d’animazione hanno svolto per lungo tempo una rilevante funzione di formazione emotiva per i bambini di innumerevoli famiglie in Italia e nel mondo. Diversi adulti di oggi, tra quelli che erano bambini negli anni Ottanta, descrivono per esempio le loro prime esperienze di paura citando la voce del giudice Morton alla fine di Chi ha incastrato Roger Rabbit? – “Ti ricordi di me?” – oppure la famigerata scena dei “rosa elefanti” durante Dumbo. Ad alcune scene dei più famosi cartoni animati di sempre, in particolare, ci si riferisce spesso per l’abnorme tristezza che riuscivano a provocare tra spettatori bambini e anche spettatori adulti, magari genitori, che non sapevano esattamente come gestire e spiegare ai figli certi eventi della trama: la morte di un personaggio, di solito.

Il giornalista Shea Serrano – già noto per altre classifiche un po’ strambe e padre di due figli piccoli, di 7 e 2 anni, che porta spesso al cinema – ha scritto per la rivista online Grantland un articolo che mette insieme alcuni cartoni animati molto popolari della storia dei lungometraggi di animazione convenzionalmente indicati come “per bambini” (ci sono film animati tristissimi per adulti, certo), classificati secondo un indice di tristezza dei loro protagonisti: l’indice è totalmente arbitrario ma tutto sommato condivisibile. La lista contiene numerosissimi spoiler, premette Serrano, spiegando però che forse è il caso di smetterla col terrore degli spoiler, e che se ancora non avete visto certi cartoni animati del 2003 o del 2009 il problema forse è vostro. Non si tratta di una classifica delle singole scene più tristi, specifica Serrano, ma di un indice dei cartoni più tristi considerando le storie personali dei personaggi: “si va dall’1 per cento, che è triste come quando ti cade il telefono e si rompe lo schermo, al 100 per cento, che è una tristezza devastante e brutale, debilitante anche se provata indirettamente”.

Dentro ogni foto, le motivazioni dell’indice di tristezza.