Arundhati Roy contro Anna Hazare

Le proteste di questi giorni in India sono "imbarazzanti", "incomprensibili" e tutt'altro che gandiane, scrive la scrittrice e attivista

Internazionale di questa settimana traduce in italiano un articolo della scrittrice e attivista indiana Arundhati Roy che critica fortemente Anna Hazare, l’attivista che col suo sciopero della fame negli ultimi giorni ha costretto il Parlamento indiano a rivedere una legge sulla corruzione. Roy giudica questa protesta “imbarazzante”, “incomprensibile” e tutt’altro che gandiana, e spiega perché.

Se quella che stiamo vedendo in tv è davvero una rivoluzione, allora è senz’altro una delle rivoluzioni più imbarazzanti e incomprensibili di questi ultimi tempi. Per motivi completamente diversi fra loro, e in modi completamente diversi, si potrebbe dire che i maoisti e i sostenitori del disegno di legge contro la corruzione (noto come jan lokpal) hanno una cosa in comune: entrambi vogliono rovesciare lo stato indiano.

Uno dal basso, attraverso una lotta armata condotta da un esercito formato in maggioranza da adivasi (le popolazioni tribali originarie dell’India), cioè composto dai più poveri dei poveri. L’altro dall’alto, attraverso un colpo di mano gandiano senza spargimento di sangue, guidato da un santo di nuovissimo conio e da un esercito di abitanti delle città, quindi di persone sicuramente meno povere. Il tutto con la collaborazione del governo, che sta facendo il possibile per rovesciare se stesso.

Lo scorso aprile, quando Anna Hazare aveva cominciato da poco il suo primo “digiuno fino alla morte”, il governo, in cerca di un modo per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalla sfilza di scandali per corruzione che ne avevano scosso la credibilità, ha invitato il Team Anna – è il marchio scelto da questo gruppo della “società civile” – a partecipare a una commissione congiunta incaricata di redigere il progetto di una nuova legge contro la corruzione. Pochi mesi dopo, però, ha abbandonato quella strada e ha presentato in parlamento un suo progetto di legge talmente pieno di difetti che era impossibile prenderlo sul serio.

Poi, il 16 agosto, la prima mattina del suo secondo “digiuno fino alla morte”, ancor prima di dare il via all’iniziativa o di commettere qualsiasi infrazione alla legge, Anna Hazare è stato arrestato e messo in prigione. Ed ecco che la lotta per jan lokpal si è trasformata in una lotta per il diritto a protestare: la lotta per la democrazia. Nel giro di qualche ora dall’inizio di questa “seconda lotta per la libertà”, Anna è stato rilasciato. Astutamente ha rifiutato di uscire dal carcere di Tihar, a New Delhi, ed è rimasto lì in qualità di ospite riverito. Ha cominciato un digiuno per rivendicare il diritto di digiunare in un luogo pubblico.

Per tre giorni, mentre fuori dal carcere di massima sicurezza si assiepavano la folla e i furgoni delle tv, esponenti del Team Anna facevano la spola avanti e indietro portando i suoi videomessaggi da mandare in onda su tutti i canali della tv nazionale (a chi altro sarebbe stato concesso questo lusso?). Nel frattempo, 250 dipendenti del comune di De­lhi, 15 camion e sei ruspe lavoravano senza sosta per trasformare la melma del piazzale Ramlila in un palcoscenico degno del grandioso spettacolo in programma per il fine settimana. Adesso Anna, servito di tutto punto, seguito dai medici più pagati di tutta l’India, ha cominciato la terza fase del suo digiuno fino alla morte. “Dal Kashmir a Kanyakumari, l’India è una”, ci ripetono i conduttori televisivi.

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