Intercettazioni, giudici e giornali

Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera mette un po' d'ordine nella questione di cosa esce dei verbali giudiziari

Per quello che si era letto sui giornali finora, la spiegazione più chiara del meccanismo con cui i verbali giudiziari dell’inchiesta di Napoli contro Luigi Bisignani arrivano sui giornali e di cosa lo consente la fa oggi Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, cercando di tenere un equilibrio non fazioso (cosa assai rara nelle altre prese di posizione). Forse ancora con qualche indulgenza di troppo nei confronti di ciò che i giornali hanno pubblicato, ma non nega che ci siano stati eccessi.

Da dieci giorni Luigi Bisignani, uomo d’affari e di relazioni, è agli arresti domiciliari a casa sua. Un giudice di Napoli ce l’ha messo con l’accusa di favoreggiamento. I pubblici ministeri avevano chiesto di spedirlo in carcere anche per il reato di associazione per delinquere, ma il giudice ha detto che non c’erano indizi sufficienti.
Contro questa decisione, la Procura ha presentato appello. Lo stesso giudice ha chiesto alla Camera dei deputati di mandare in prigione l’onorevole del Pdl Alfonso Papa, aggiungendo le accuse di corruzione, concussione ed estorsione.
Bisignani e Papa sono anche sospettati di far parte di un gruppo di potere occulto «diretto a interferire sull’esercizio di funzioni di organi costituzionali, amministrazioni ed enti pubblici», in violazione della legge del 1982 (successiva allo scandalo P2) che vieta le associazioni segrete. Ma per questa ipotesi – tuttora in piedi – gli stessi pubblici ministeri non hanno nemmeno chiesto l’arresto, ritenendo non sufficientemente gravi gli elementi raccolti finora.
In questa complessa situazione giudiziaria sono state svolte intercettazioni telefoniche e ambientali durate mesi, e da qui deriva il profluvio di pubblicazioni di verbali e conversazioni tra Luigi Bisignani e molti suoi interlocutori. Al punto di rianimare la tentazione di una legge che vieti, o comunque limiti, la pubblicazione di quei documenti. Accompagnata da polemiche più o meno esplicite contro i magistrati che le hanno inserite negli atti. Perché sono «penalmente irrilevanti», si dice, e perché vi compaiono spesso nomi e discorsi di parlamentari.

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