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  • Venerdì 29 settembre 2023

Come sono le elezioni nell’ultima monarchia assoluta dell’Africa?

Tra le più inutili al mondo: oggi in Eswatini si eleggono 59 deputati che hanno come unico potere quello di consigliare il re

Il re Mswati III riceve una visita della presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, il 5 settembre 2023 (AP Photo)
Il re Mswati III riceve una visita della presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, il 5 settembre 2023 (AP Photo)
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Oggi, venerdì 29 settembre, si tengono le elezioni parlamentari in Eswatini, piccolo stato compreso fra il Sudafrica e il Mozambico e conosciuto fino a cinque anni fa come Swaziland. Circa 590mila elettori registrati (su 1,2 milioni di abitanti complessivi) eleggeranno 59 deputati della camera bassa del paese. Questi deputati non potranno appartenere ad alcun partito politico e avranno come unico potere quello di consigliare il re. Eswatini è infatti l’unica monarchia assoluta rimasta in Africa e dal 1986 è guidato senza alcuna concessione alla democrazia dal re Mswati III. I paesi governati in modo autocratico che usano le elezioni come semplice rito di “facciata” sono numerosi, ma il processo elettorale di Eswatini resta uno fra i più inutili al mondo.

Sulla carta Eswatini è dotato di un sistema parlamentare, ma i rappresentanti alla Camera non hanno alcun potere reale, se non quello di eleggere dieci senatori. Il re però ne nomina contestualmente venti, rendendo di fatto una sua emanazione anche il Senato, l’organo che in teoria dovrebbe detenere il potere legislativo. Nelle ultime nomine sei dei venti senatori indicati da Mswati III erano suoi parenti. Peraltro il re è superiore alla Costituzione, ha il potere di annullare ogni legge che non sia di suo gradimento e può sciogliere il parlamento. Nomina il primo ministro e il governo, controlla polizia e forze armate e nei quasi quarant’anni di regno ha represso il dissenso in ogni sua forma, anche in modo violento, come denunciato fra gli altri da Amnesty International.

Eswatini è uno stato indipendente dal 1968 (in precedenza fu una colonia britannica), è grande più o meno come metà del Belgio e il 60 per cento della sua popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.

Gli elettori potranno scegliere venerdì all’interno di una lista di candidati decisa dalle primarie del 26 agosto: pochi degli aspiranti deputati sono dichiaratamente all’opposizione del re e del suo governo, nessuno fa parte di un partito politico. L’esistenza dei partiti è permessa, ma i loro membri non possono partecipare alle elezioni. Il più importante partito di opposizione, il Movimento Democratico Unito del Popolo (Pudemo), è stato dichiarato organizzazione terroristica nel 2010 e quindi sciolto. Due dei deputati di opposizione eletti nel 2018 sono attualmente in carcere, un terzo è in esilio. I principali gruppi di opposizione hanno chiesto agli elettori di boicottare le elezioni: i risultati completi delle ultime due, nel 2013 e nel 2018, non sono mai stati pubblicati.

Di fronte a elezioni così chiaramente inutili e farsesche, nel 2021 si sviluppò un ampio movimento di protesta, che diede vita a lunghe e partecipate manifestazioni, represse però con violenza dall’esercito: si ritiene che oltre 40 persone siano state uccise negli scontri, mentre veniva imposto il coprifuoco ed era bloccato l’accesso ad internet.

A gennaio di quest’anno l’avvocato per i diritti civili Thulani Rudolf Maseko, uno degli esponenti più noti delle opposizioni, è stato ucciso da un commando di fronte a casa. Poche ore prima il re Mswati III aveva indirettamente annunciato l’esecuzione: «Certa gente non dovrebbe piangere e lamentarsi se qualche mercenario lo uccide: queste persone hanno dato il via alla violenza».

Il re Mswati III durante una cerimonia tradizionale (AP Photo/Themba Hadebe, File)

Mswati è uno degli ultimi figli di Sobhuza II, primo re dello Swaziland dopo l’indipendenza dal Regno Unito: quando il padre morì aveva solo 14 anni ed era uno dei 210 figli concepiti dal re con 70 diverse mogli (secondo le fonti ufficiali del paese). Per una tradizionale e complessa legge di successione toccava a lui succedergli.

Studiò in Regno Unito fino ai 18 anni, quando fu incoronato ufficialmente, diventando il regnante più giovane al mondo. Mswati è piuttosto noto all’estero perché è solito indossare abiti tradizionali agli incontri ufficiali e per la sua grande passione per le auto e gli orologi di lusso. Li acquista in modo compulsivo, nonostante la grande povertà del suo regno: in un’occasione comprò 19 diverse Rolls Royce per le sue 15 mogli.

Nonostante imponga ai suoi sudditi regole morali e di comportamento ispirate dall’integralismo cattolico, ha mantenuto la tradizione della poligamia: ha attualmente 15 mogli e 36 figli. Per limitare la diffusione del virus dell’HIV e quindi dell’AIDS (Eswatini ha una delle percentuali di persone positive più alte al mondo) nel 2005 approvò una legge che imponeva la castità fino a 18 anni. Pochi mesi dopo la violò, sposando una ragazza di 17 anni: si autopunì con il pagamento di una mucca come multa.

I primi colloqui per avviare il processo di indipendenza dello Swaziland nel 1963 (Photo by Keystone/Getty Images)

Ma è l’intero stile di governo di Mswati III ad essere particolarmente oneroso per l’economia del suo stesso stato: il bilancio delle spese della famiglia reale pesa per decine di milioni di dollari ogni anno, in uno stato in cui il 60 per cento della popolazione vive sotto la soglia dell’estrema povertà. Corruzione e violazioni dei diritti umani sono denunciate e frequenti, ma ogni forma di dissenso è perseguita, anche con detenzioni arbitrarie e in alcuni casi esecuzioni extragiudiziali.

Mswati favorisce e promuove pratiche antiscientifiche e limita fortemente i diritti delle donne. Il suo potere non è bilanciato in alcun modo e ogni sua decisione, anche la più irrazionale, diventa legge. Nel giorno del suo cinquantesimo compleanno decise ad esempio di cambiare nome al paese perché a suo parere Swaziland all’estero era troppo spesso «confuso con Switzerland» (Svizzera, in inglese): da allora fu introdotto il nome Eswatini (terra degli Swazi, ma in lingua locale).