La sinistra antirenziana si fa troppe illusioni?

Secondo Paolo Mieli alcune ipotesi di risultati elettorali dei vari gruppi fuori dal PD sono esagerate, a ben guardare

Anna Falcone e Tommaso Montanari alla "Assemblea per la Democrazia e l'uguaglianza" al Teatro Brancaccio a Roma
(Foto Fabio Cimaglia/LaPresse)
Anna Falcone e Tommaso Montanari alla "Assemblea per la Democrazia e l'uguaglianza" al Teatro Brancaccio a Roma (Foto Fabio Cimaglia/LaPresse)

In un commento in prima pagina sul Corriere della Sera, l’ex direttore del quotidiano Paolo Mieli fa un po’ di considerazioni su alcuni numeri circolati rispetto alle possibilità elettorali di una coalizione che aggreghi a sinistra i movimenti vecchi e nuovi che sono fuori dal Partito Democratico (o “contro” l’attuale PD): prendendo in considerazione anche situazioni simili nella storia politica italiana.

A conclusione del vivace incontro dell’associazione «Libertà e Giustizia» tenutosi ieri al teatro Brancaccio di Roma, qualcosa ci dice che la prospettata costruzione di un unico movimento alternativo al Pd renziano (un Pd considerato ormai dal loro leader Tomaso Montanari «parte della destra») si va facendo più incerta. Aspettiamo il primo luglio quando si riuniranno i seguaci di Giuliano Pisapia, ma già fin d’ora c’è qualcosa che non quadra. Del resto nei giorni scorsi Montanari, aveva rimproverato a Pisapia una presunta predilezione per Blair rispetto a Corbyn, la proposta di Giorgio Gori a governatore della Lombardia (circostanze negate dall’ex sindaco di Milano), ma soprattutto l’innegabile posizione da lui assunta al momento del voto dello scorso 4 dicembre: «Non sono sicuro che chi ha sostenuto il Sì al referendum sia la persona giusta» per guidare la grande coalizione civica di sinistra, ha detto lo storico dell’arte. Dopo l’assemblea del Brancaccio, si conferma l’impressione che il giudizio sul 4 dicembre sia dirimente per la scelta del leader del futuro raggruppamento che dovrebbe far concorrenza al Pd. Anche se, ad essere lineari, per paradosso Silvio Berlusconi — che al referendum votò No, assieme all’intera destra — dovrebbe avere più titoli non solo di Pisapia ma perfino di Enrico Letta e di Romano Prodi i quali, come è noto, si pronunciarono per il Sì.

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