• Sport
  • Sabato 22 aprile 2017

Le storie dietro “John 3:16”

Per il suicidio di un ex giocatore di NFL si riparla del rapporto tra un famoso versetto del Vangelo e gli sport nordamericani, che ha in mezzo un sequestro di persona e una partita con coincidenze incredibili

Tim Tebow, quarterback dei Florida Gators, durante una partita di football NCAA nel 2009 (AP Photo/Lynne Sladky)
Tim Tebow, quarterback dei Florida Gators, durante una partita di football NCAA nel 2009 (AP Photo/Lynne Sladky)

Aaron Hernandez è stato un promettente giocatore di football americano, cresciuto nei Florida Gators e poi passato in NFL con i New England Patriots. Dal 2010, anno in cui esordì in NFL come giocatore più giovane della lega, la carriera di Hernandez sembrava in ascesa. Ma si interruppe dopo solo due anni di professionismo, quando venne accusato e poi condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Odin Lloyd, compagno della sorella della sua fidanzata. Hernandez si trovava in carcere dall’aprile del 2015 e pochi giorni fa, il 19 aprile, è stato trovato morto nella sua cella, impiccato a una finestra con le lenzuola del suo letto. Le guardie del carcere di Shirley, in Massachusetts, dove Hernandez stava scontando la sua pena, nel rapporto sul suicidio hanno confermato che prima di impiccarsi si era scritto in fronte “John 3:16”, un versetto del Vangelo di Giovanni, molto popolare fra gli sportivi nordamericani.

John 3:16 (Giovanni 3,16) è un versetto del Vangelo secondo Giovanni, molto conosciuto e citato in special modo dai cristiani protestanti. Il versetto dice: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». Viene indicato come uno dei versetti più rappresentativi della fede cristiana, ed è particolarmente apprezzato dai protestanti, dove il ruolo del clero può essere considerato secondario, per la centralità del rapporto senza intermediazioni fra l’uomo e Dio. Negli Stati Uniti è talmente diffuso che si può trovare scritto anche nelle confezioni dei prodotti di alcune note aziende.

Nel contesto dello sport nordamericano il versetto di Giovanni iniziò a diffondersi dagli anni Settanta, tramite cartelli e magliette fra il pubblico degli eventi, per promuovere ed avvicinare le persone alla fede. Il versetto raggiunse una certa popolarità con un personaggio controverso, Rollen Stewart, uomo di fede evangelica che a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta era solito presentarsi fra il pubblico dei più importanti eventi sportivi indossando una parrucca afro con i colori dell’arcobaleno ed esibendo una maglietta con scritto “John 3:16”. A volte si presentava a petto nudo, con dei cartelli che reggeva in mano ballando e muovendosi fra il pubblico. Stewart si presentò così alle finali NBA del 1977, per esempio, all’All Star Game della Major League del 1979, a numerose partite di football americano, all’Indianapolis 500 del 1982 e anche nei più importanti tornei di golf degli Stati Uniti. Andò anche alle Olimpiadi di Mosca del 1980, dove venne arrestato dalla polizia russa.

Stewart si posizionava nelle zone più riprese dalle telecamere e col passare degli anni divenne sempre più noto, tanto che l’attore Christopher Walken inscenò una sua parodia al Saturday Night Live e la Budweiser ci fece una pubblicità. Poi, negli anni Ottanta, la popolarità di Stewart diminuì progressivamente, fino al 1992. Stewart, che nel frattempo si era separato dalla moglie e viveva senza fissa dimora, annunciò che secondo le sue previsioni il 28 settembre di quell’anno il mondo sarebbe finito. Sei giorni prima del 28 settembre, decise di rinchiudersi in una stanza di un hotel a sud di Los Angeles sequestrando due uomini e una addetta alle pulizie dell’hotel. Coprì le finestre della stanza con dei cartelli “John 3:16” e minacciò di sparare agli aerei in decollo dall’Aeroporto internazionale di Los Angeles. Rimase nella stanza per diverse ore, ma alla fine gli ostaggi vennero liberati e lui venne arrestato: fu condannato a tre ergastoli per sequestro di persona.

Dagli anni di Rollen Stewart, il versetto del Vangelo di Giovanni ha continuato ad essere molto usato nell’ambito sportivo, senza precisi riferimenti allo sport, ma perlopiù a scopi propagandistici. Tuttora non è raro vederlo durante le partite di baseball e di football americano, spesso nei posti più visibili degli stadi, come era solito fare Stewart. Le ultime volte in cui si è tornati a parlare del versetto di Giovanni, prima del suicidio di Aaron Hernandez, c’era ancora di mezzo il football americano.

Nel 2009, Tim Tebow, allora quarterback dei Florida Gators e compagno di squadra di Hernandez, si dipinse “John 3:16”  sotto gli occhi in occasione della partita di National Championship contro gli Oklahoma Sooners. Anche prima di passare in NFL, oltre ad essere uno dei quarterback più seguiti dell’NCAA, Tebow era particolarmente noto per essere un atleta molto religioso, cosa che spesso manifestava durante le partite, pregando in mezzo al campo, e nelle interviste. Nel giorno della partita tra Gators e Sooners, l’8 gennaio del 2009, Google registrò più di novanta milioni di ricerche legate a “John 3:16” provenienti dagli Stati Uniti. L’anno successivo, l’NCAA vietò ai propri atleti di scrivere qualsiasi cosa sopra le strisce di grasso nero che i giocatori di football sono soliti applicarsi sotto gli occhi per ridurre i riflessi della luce. La regola prese quasi immediatamente il nome di “The Tebow Rule”.

Esattamente tre anni dopo, nella partita dei playoff di NFL fra la sua squadra, i Denver Broncos, e i Pittsburgh Steelers, Tebow fece la miglior prestazione della sua carriera. Quella partita viene ricordata ancora oggi come “la partita del 3:16”: per una incredibile coincidenza, Tebow lanciò la palla per 316 yard, per una media di 31,6 yard a passaggio (una iarda equivale a circa 91 centimetri). Anche altri dati fatti registrare da Tebow in quella partita contenevano il 3, l’1 o il 6, i numeri che identificavano il versetto di Giovanni che si era scritto in faccia tre anni prima. Nei giorni successivi, per via di quelle coincidenze, molte pubblicazioni religiose statunitensi iniziarono a chiamarlo “l’uomo dei miracoli” o “il quarterback di Dio”.

Un altro episodio legato al versetto del Vangelo di Giovanni accadde nel 2011, quando l’associazione religiosa “The Fixed Point Foundation” raccolse circa 3 milioni di dollari necessari per comprare uno spazio pubblicitario di 30 secondi da mandare in onda durante il Super Bowl. La pubblicità avrebbe dovuto promuovere un sito per fedeli mostrando il versetto del Vangelo di Giovanni dipinto sotto gli occhi di un giocatore, molto simile a come se lo scrisse Tebow nel 2009. La Fox, il canale che detiene i diritti per trasmettere in diretta il Super Bowl, lo rifiutò in quanto non permetteva la messa in onda di messaggi religiosi di alcun genere.