• Mondo
  • Lunedì 13 giugno 2016

Cosa sappiamo di Omar Mateen, l’attentatore di Orlando

Secondo molte persone che lo conoscevano era violento e instabile, e l'FBI aveva già indagato due volte su di lui Otto cose sulla strage di Orlando

(Planet Pix via ZUMA Wire)
(Planet Pix via ZUMA Wire)

Domenica 12 giugno a Orlando, in Florida, un uomo è entrato nel Pulse, un famoso locale gay della città, e ha iniziato a sparare sulla folla. L’uomo era un cittadino americano di origini afghane, e si chiamava Omar Mateen: nella sparatoria, iniziata intorno alle 2 di mattina (in Italia erano le 8), ha ucciso 49 persone e ne ha ferite altre 53, in quella che è stata la peggior sparatoria di massa nella storia degli Stati Uniti. Mateen ha poi preso in ostaggio qualche decina di persone, ed è stato ucciso alcune ore dopo, quando la polizia ha fatto irruzione nel locale. L’agente dell’FBI Ron Hopper ha detto che prima di compiere l’attacco Mateen ha chiamato il 911 – il numero delle emergenze negli Stati Uniti – ha dichiarato la propria appartenenza allo Stato Islamico, e ha parlato dei due fratelli responsabili dell’attentato alla maratona di Boston del 2013, Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev. L’ISIS ha rivendicato l’attacco a Orlando attraverso la propria radio, ma non è ancora stato stabilito se Mateen avesse avuto contatti diretti con esponenti dello Stato Islamico: l’ipotesi, per ora, è che l’attacco sia stato organizzato e condotto spontaneamente. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama lunedì ha detto che non ci sono elementi che facciano pensare che l’attentato facesse parte di un progetto più ampio, e che a quanto sembra Mateen si era radicalizzato attraverso internet.

Mateen aveva 29 anni ed era nato a New York. Era cresciuto in Florida e aveva frequentato l’Indian River State College, dove si era laureato in “Tecnologie per la giustizia criminale” nel 2006. Mateen viveva a Fort Pierce, una città sulla costa della Florida a circa 200 chilometri da Orlando. Dal 2007 lavorava come guardia giurata per G4S, una compagnia internazionale che offre servizi di sicurezza ad aziende, celebrità e governi stranieri. La compagnia ha detto che Mateen era stato regolarmente sottoposto a controlli e test di idoneità, nel 2007 e nel 2013, e che li aveva superati entrambi. L’FBI aveva condotto in due occasioni delle indagini su Mateen: la prima nel 2013, dopo che aveva detto alcuni suoi colleghi di avere legami con dei gruppi terroristici, inclusa al Qaida. L’FBI interrogò Mateen, ma alla fine concluse che l’uomo stava mentendo. Nel 2014 fu di nuovo interrogato dopo che l’FBI scoprì che aveva frequentato la stessa moschea di Moner Mohammad Abusalha, un cittadino americano di 22 anni che si era unito ad al Qaida in Siria, compiendo un attentato suicida. L’FBI stabilì che Mateen e Abusalha probabilmente si conoscevano di vista ma non avevano un vero legame.

Seddique Mateen, il padre di Mateen, è abbastanza conosciuto in Afghanistan per condurre un programma sulla televisione satellitare Payam-e-Afghan TV, dove parla dell’attualità politica del paese: in un’occasione si era riferito ai talebani definendoli “i nostri fratelli combattenti”. Omar Mateen si era sposato nel 2009 con Sitora Yusufiy, una donna di origini uzbeke conosciuta online: Yusufiyo in una conferenza stampa che dopo pochi mesi di matrimonio Mateen iniziò a essere violento, a picchiarla e a impedirle di parlare con la sua famiglia: i due si separarono, per poi divorziare due anni dopo. I giornali americani hanno pubblicato delle foto di Mateen con un bambino e con un’altra donna, ma non è ancora chiaro se l’uomo si fosse risposato o avesse una nuova compagna. Yusufiy ha definito Mateen come “malato mentalmente”, e ha detto che aveva un passato di abuso di steroidi. Yusufiy ha detto di non parlare con Mateen da sette anni, ma che all’epoca della loro relazione non era interessato all’islam radicale.

Daniel Gilroy, un ex collega di Mateen, ha raccontato che non parlava spesso di religione, ma che frequentemente insultava gli afroamericani, le donne e i gay. Mateen, ha detto Gilroy, diceva esplicitamente che avrebbe voluto commettere delle violenze: una volta gli disse che voleva «uccidere tutti i negri». Gilroy ha detto che prima di licenziarsi nel 2015, per l’ambiente di lavoro «tossico», si era lamentato con i suoi superiori di Mateen, ma loro non avevano preso provvedimenti. Anche dopo che lasciò la compagnia di sicurezza, Mateen continuò a contattare Gilroy: «Alla fine mi sono confrontato con lui e gli ho detto: “Non siamo amici”. Aveva solo problemi di rabbia. Avevo paura per la mia famiglia».

Il padre di Mateen ha detto a NBC News che secondo lui le motivazioni di suo figlio sono legate alla sua omofobia, e non alla sua fede religiosa: ha raccontato che qualche mese fa erano insieme a Miami, e si era arrabbiato molto dopo aver visto due ragazzi gay baciarsi sulla spiaggia. Mateen frequentava diverse volte a settimana il Centro Islamico di Fort Pierce, una moschea della sua città. Syed Shafeeq Rahman, l’imam della moschea, ha detto che non lo conosceva molto, perché era una persona tranquilla e riservata, che arrivava per ultimo e se ne andava per primo. Un amico di Mateen ha detto al Washington Post che dopo il divorzio era diventato più religioso, e aveva anche fatto un pellegrinaggio in Arabia Saudita: con lui non aveva mai parlato di simpatie per lo Stato Islamico o per altri gruppi terroristici.

Mateen aveva legalmente acquistato negli scorsi giorni una pistola e un fucile. Non è chiaro se siano le stesse armi usate da Mateen nella sparatoria, descritte dalle autorità come una pistola Glock 17 e un fucile semi-automatico di tipo AR. Mateen aveva due diverse licenze per il porto d’armi, una statale e una come guardia di sicurezza, ed entrambe sarebbero scadute nel settembre del 2017.