Il caso Belsito in 11 punti

Quali sono le accuse contro il tesoriere della Lega Nord, che ieri si è dimesso, e come si difendono il partito e Umberto Bossi

Il tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito, si è dimesso ieri dal proprio incarico in seguito alle notizie di alcune inchieste giudiziarie che lo riguardano e che interessano anche la gestione dei rimborsi elettorali del suo partito. Tra le ipotesi di reato ci sono la truffa ai danni dello Stato e appropriazioni indebite per milioni di euro. Le inchieste parlano anche del possibile uso dei fondi dati al partito per finanziare alcune spese della famiglia di Umberto Bossi, il leader della Lega, che non risulta essere indagato. Del caso si stanno occupando, con vari fronti di inchiesta, tre procure e si ipotizzano anche particolari legami del tesoriere leghista con ambienti della criminalità organizzata del Sud.

Chi è Francesco Belsito
Belsito è nato a Genova il 4 febbraio del 1971 e ha iniziato la propria carriera politica all’interno di Forza Italia. Durante il primo governo Berlusconi è stato autista per qualche mese di Alfredo Biondi, all’epoca ministro della Giustizia, che ricorda sul Corriere della Sera di oggi:

Belsito da ragazzo veniva alle riunioni di Forza Italia. Visto che non usavo l’auto blu, si offrì di accompagnarmi in campagna elettorale. Le sue idee politiche? Mai sapute, non è che fosse un formidabile conversatore. Una sera me lo trovo sotto casa, che mi dice: la Lega mi offre un lavoro, farò l’assistente del presidente del Consiglio regionale Francesco Bruzzone, volevo avvertirla. Se ti pagano, perché no, gli rispondo.

L’arrivo alla Lega Nord di Belsito risale al 2002. Nello stesso anno all’interno del partito ha assunto l’incarico di capo segreteria del presidente del Consiglio regionale della Liguria, carica mantenuta fino al 2005. Nel corso dell’attuale legislatura ha ricoperto l’incarico di consigliere del sottosegretario agli Interni durante l’ultimo governo Berlusconi. Successivamente è diventato sottosegretario con delega per la Semplificazione normativa.

Negli anni Belsito ha ottenuto incarichi di maggiore rilievo all’interno della Lega Nord, diventando prima vice segretario regionale della Lega Nord Liguria e a partire dal 2009 tesoriere del partito. In seguito a una inchiesta del Secolo XIX, nel dicembre del 2010 emerse che le due lauree presenti nel suo curriculum – una in Scienze della comunicazione ottenuta a Malta e una in Scienze politiche ottenuta a Londra – non avevano alcun valore legale nel nostro paese. Nel 2010 è diventato anche vicepresidente di Fincantieri.

Alessandro Trocino sul Corriere della Sera di oggi descrive il personaggio ricordando che:

La carriera professionale gli riserva altri guai. Un curatore fallimentare lo accusa di essersi intascato centinaia di milioni di lire, Belsito viene coinvolto in due crac e viene segnalato in un giro di amicizie “pericolose”. Davanti ai magistrati ammette anche una bizzarra pratica: «Sì, facevo regali ai finanzieri, ma non mi sembrava una forma di corruzione».

In seguito alle notizie di ieri sulle indagini che lo riguardano, Belsito si è dimesso dal proprio incarico di tesoriere.

Chi indaga
Sulla gestione del denaro pubblico della Lega Nord e sulla presunta truffa ai danni dello Stato indagano tre procure: la procura di Reggio Calabria con il gip Francesco Petrone; la procura di Napoli con i pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio; la procura di Milano con i pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Per le prime due l’accusa ipotizzata è il reato di riciclaggio, mentre nel caso di Milano si indaga per truffa aggravata ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Le tre inchieste sono coordinate dalla Procura nazionale antimafia.

Chi è indagato
A Milano sono indagati per presunta appropriazione indebita aggravata il tesoriere della Lega Nord, Belsito, l’imprenditore veneto Stefano Bonet e il consulente finanziario Paolo Scala. Gli ultimi due sono considerati presunti complici di Belsito. A Napoli ci sono cinque indagati: oltre a Belsito e Bonet ci sono gli ingegneri Luigi Giannini, Riccardo De Carlini e Giordano Franceschini. Si indaga sulle somme movimentate da Bonet e sulla natura della loro provenienza. Infine, a Reggio Calabria gli indagati sono otto compresi Scala, Bonet e Romolo Girardelli. Quest’ultimo, secondo la Direzione distrettuale antimafia, sarebbe stato il punto di collegamento tra il tesoriere della Lega Nord e la cosca della ‘ndrangheta dei De Stefano. Tra Napoli, Roma, Milano e Genova fino a ora sono state eseguite una trentina di perquisizioni.

I fondi e la famiglia Bossi
Le procure sono arrivate a Belsito in seguito ad alcune intercettazioni telefoniche e ambientali condotte nell’ambito di un’inchiesta per riciclaggio di denaro. Ricostruendo i dialoghi intercettati, i pm sono arrivati a una prima conclusione: «Risaltano nelle conversazioni i costi della famiglia intendendosi per tali gli esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord. Si tratta di esborsi in contante o con assegni circolari o attraverso conti simulati». Secondo la ricostruzione dei magistrati di Milano, sarebbero state effettuate spese che non hanno nulla a che fare con gli obiettivi o gli interessi del partito, da qui l’accusa di appropriazione indebita.

Emilio Randacio su Repubblica di oggi spiega che parte dei 18 milioni di euro dei rimborsi elettorali ottenuti dalla Lega Nord lo scorso anno sarebbe stata utilizzata per le spese della famiglia Bossi. I pm indagano, tra le altre cose, sui finanziamenti di decine di migliaia di euro per la scuola Bosina di Varese, l’istituto privato parificato gestito da Manuela Marrone, la moglie di Umberto Bossi. Sempre stando alle ipotesi investigative, altro denaro derivante dai rimborsi pubblici sarebbe stato utilizzato per la ristrutturazione della casa di Gemonio in cui Bossi vive con la propria famiglia. Si parla anche dell’acquisto di un’automobile con una spesa intorno ai 50mila euro per il figlio di Umberto Bossi, Renzo. È comunque opportuno ricordare che si tratta di ipotesi investigative perché fino a ora a Milano non risultano esserci politici della Lega Nord indagati oltre a Belsito, almeno in questa inchiesta.

Rosy Mauro
Ieri carabinieri e finanzieri hanno condotto una approfondita perquisizione nella sede della Lega Nord di via Bellerio, controllando anche gli uffici riconducibili a Rosy Mauro. L’esponente della Lega Nord è considerata uno dei più fedeli consiglieri di Umberto Bossi, è vice presidente del Senato ed è la fondatrice del SIN.PA, il Sindacato Padano. I magistrati vogliono capire se anche nei suoi confronti siano state messe a disposizione somme di denaro derivanti dai rimborsi elettorali per finalità esterne a quelle politiche. Mauro non risulta indagata.

La segretaria di Bossi
Daniela Cantamessa è la storica segretaria del leader della Lega Nord e ieri è stata coinvolta dalle perquisizioni. I finanzieri hanno controllato il suo ufficio e successivamente la sua abitazione. Nel pomeriggio Cantamessa è stata anche accompagnata in procura per un interrogatorio.

“Totale opacità”
A partire dal 2004 le finanze della Lega Nord sarebbero state gestite in “totale opacità”, spiega chi si sta occupando delle indagini. Il protagonista di queste operazioni poco chiare sarebbe stato Francesco Belsito, accusato di «aver alimentato la cassa con denaro non contabilizzato effettuando pagamenti e impieghi, anch’essi non contabilizzati o contabilizzati in modo inventivo». Gli imprenditori Bonet e Scala, accusati di concorso in appropriazione indebita, sarebbero coinvolti in queste operazioni poco chiare. Bonet era amministratore di due aziende controllate dalla Siram, società che si occupa dell’ottimizzazione di processi energetici, e nei primi mesi del 2010 avrebbe realizzato «dei movimenti circolari di denaro fittiziamente giustificati con fatture relative a costi per investimento in ricerche e sviluppo». Il sospetto è che queste operazioni, intorno ai 5 milioni di euro, avessero come beneficiario finale il tesoriere della Lega Nord.

La ‘ndrangheta
Belsito ha avuto per una decina di anni rapporti di affari con Romolo Girardelli, un faccendiere riconducibile ad alcuni ambienti della ‘ndrangheta. I magistrati di Reggio Calabria sono arrivati a Belsito tramite questo presunto legame e un’indagine sul clan dei De Stefano, che ha notevoli interessi in Lombardia, Liguria e Francia. L’ipotesi è che Girardelli avesse fornito affari a Belsito, all’imprenditore a lui vicino Bonet e all’avvocato Bruno Mafrici, persona ritenuta capace di gestire trasferimenti di denaro dei capitali calabresi su conti esteri (e su quelli di Belsito).

Spiega Giuseppe Baldessarro su Repubblica:

Assieme, inoltre, avrebbero ideato una serie di passaggi milionari tra società di consulenza e ricerca tecnologica. Affari per diversi milioni di euro che consentivano utili sotto forma di crediti d’imposta. Giri di soldi e fatture false che coinvolgono il tesoriere e manager di grandi aziende. Nell’inchiesta affiora il caso della Siram che “acquista” servizi per circa 8 milioni dalla Polare del gruppo Bonet, di cui Girardelli è responsabile della sede genovese. La Polare poi è in affari con la Marco Polo, sempre di Bonet, da cui compra consulenze per 7 milioni. Ed è attraverso quest’ultima società che la stessa cifra torna nuovamente a Siram. Un triangolo strano per i magistrati reggini, i quali ipotizzano che nei diversi passaggi alcune centinaia di migliaia di euro restino nelle mani di Belsito e Girardelli.

Nelle carte dell’inchiesta si parla di 250mila euro liquidati al tesoriere delle Lega Nord e di accuse forti di Girardelli nei confronti di Belsito, che non sarebbe stato equo nella spartizione del denaro. Nelle intercettazioni i due si insultano pesantemente e “parlano di orologi ricevuti in regalo dall’avvocato Bruno, e di soldi presi a Bonet”.

La risposta di Umberto Bossi
Dopo una lunga giornata trascorsa nella sede della Lega Nord, dove sono state anche eseguite alcune perquisizioni, Bossi ha deciso di rispondere alle accuse respingendole e difendendo il partito: «Denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per sistemare la mia casa. Io non so nulla di questa cosa e d’altra parte avendo pochi soldi non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni di casa mia». Nel pomeriggio erano circolate voci, alquanto improbabili, sul possibile abbandono della guida del partito da parte di Bossi. Il leader della Lega Nord è comunque in una posizione molto difficile sul piano politico, anche in ragione dei congressi locali che la Lega sta svolgendo in queste settimane e che finora vedono in vantaggio la corrente che fa riferimento a Roberto Maroni: se Bossi decidesse di difendere Belsito, che si è dimesso, e decidesse di accreditare la tesi del complotto, farebbe aumentare nel partito; se invece decidesse di non farlo verrebbe riconosciuta la rilevanza delle inchieste dei pm che ipotizzano che parte dei rimborsi elettorali siano andati alla sua famiglia, e quindi in ultima istanza dei problemi della sua gestione.

La Padania
Il giornale della Lega Nord, pubblicato dalla Editoriale Nord di cui Belsito risulta essere amministratore, oggi ha in prima una chiara difesa del proprio leader con un titolo a tutta pagina: “Allungano le mani su Bossi per fermare un popolo”. Sul giornale si spiega che la Lega è temuta perché “capofila di un movimento che difende la tenuta democratica”. La Padania dà anche la notizia delle dimissioni di Belsito.

Roberto Maroni
Le nuove inchieste porteranno probabilmente a nuove tensioni all’interno della Lega Nord, dove da tempo si fronteggiano principalmente la corrente fedele a Umberto Bossi e quella che segue Roberto Maroni. In seguito alle notizie di ieri, Maroni ha ribadito la necessità di rifare ordine nel partito: «Le dimissioni di Belsito sono una buona notizia e noi avevamo chiesto da tempo in consiglio federale che ci portassero i conti. Ma adesso è il momento di fare pulizia e mettere le persone giuste al posto giusto, perché queste cose fanno male alla Lega e ai suoi militanti».

foto di Genova città digitale