“Una alleanza costituzionale”

Franceschini intervistato da Repubblica descrive i programmi del PD per il prossimo futuro

© Roberto Monaldo / LaPresse
16-06-2010 Roma
Politica
Conferenza stampa del segretario PD Pierluigi Bersani su proposte per le liberalizzazioni e per il rilancio dell'economia
Nella foto Dario Franceschini

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16-06-2010 Rome
Press conference by Secretary of Democrati Party Pierluigi Bersani on proposals for liberalization and economic recovery
In the photo Dario Franceschini
© Roberto Monaldo / LaPresse 16-06-2010 Roma Politica Conferenza stampa del segretario PD Pierluigi Bersani su proposte per le liberalizzazioni e per il rilancio dell'economia Nella foto Dario Franceschini © Roberto Monaldo / LaPresse 16-06-2010 Rome Press conference by Secretary of Democrati Party Pierluigi Bersani on proposals for liberalization and economic recovery In the photo Dario Franceschini

Guadagnare attenzione e interesse da parte dell’opinione pubblica e dei giornali quando la maggioranza di governo si prende a schiaffi da giorni non è una cosa semplice, al di là delle negligenze e delle inadeguatezze dell’opposizione. E bisogna dire anzi che, nonostante rimangano alcuni momenti di black out, il Partito Democratico stia provando adesso a reagire: a organizzare qualcosa, invece che stare a guardare, e mettere in campo un progetto nell’eventualità probabile che la legislatura si concluda anticipatamente.

La prima mossa è stata quella annunciata da Bersani, la “campagna porta a porta” che farà sicuramente felici gli innumerevoli opinionisti – da bar e da redazione – secondo cui il PD deve stare “fra la gente”, nel famigerato “territorio”. In realtà in Italia non esiste un partito radicato in modo territorialmente più capillare del Partito Democratico, e spesso dietro l’invito a “stare tra la gente” si nasconde la richiesta di dire un po’ di più le cose che alla gente piace sentire. Insomma: buona l’iniziativa, non fosse altro per l’idea di dinamismo e attività che se ne deriva, ora bisogna sperare che la gente gradisca quello che gli esponenti del PD hanno da dire loro.

La seconda mossa è il progetto per il Paese, descritto oggi dal capogruppo del PD alla Camera, Dario Franceschini, in una lunga intervista concessa a Repubblica. Si tratta di un testo interessante: non solo perché spiega appunto cosa pensa di fare il Partito Democratico in caso di fine anticipata della legislatura, ma anche perché porta lo stesso Franceschini verso alcune affermazioni molto diverse da quelle che sosteneva pochi mesi fa.

Franceschini esordisce dicendo che “se Berlusconi rompe e va alle elezioni, le perde”, e dice di esserne certo perché il bilancio del governo è fallimentare e “di fronte ad una situazione di emergenza scatterebbe una risposta straordinaria e di emergenza da parte di tutta l’opposizione”. Umberto Rosso, il giornalista di Repubblica, chiede quale sarebbe questa risposta di emergenza, e lì Franceschini mette sul tavolo le due paroline che poi Repubblica metterà nel titolo addirittura con le lettere maiuscole, come a indicare il nome di una nuova coalizione.

Cioè?
“La nascita di una alleanza costituzionale. Aperta a tutte le forze che alla svolta autoritaria di Berlusconi sono pronte a dire di no”.

Chi ne farebbe parte?
“Chi ci sta. Partendo naturalmente dal Pd, da Di Pietro, dalla sinistra che è fuori dal Parlamento”.

Casini?
“Casini è all’opposizione, e dunque è evidente che si tratta di un nostro interlocutore naturale”.

Al di là del merito della proposta, che può suscitare sia entusiasmo che perplessità, è notevole la svolta di Franceschini, che fino a pochi mesi fa sosteneva l’esatto contrario: la necessità di “non tornare indietro”, l’inutilità del dialogo con l’UdC, la fine delle coalizioni infinite e litigiose, “costruite con l’unico collante del nemico”. Bene: oggi Franceschini propone una coalizione aperta a tutti i nemici di Berlusconi. Tant’è che il giornalista se ne accorge, e gli chiede perplesso se un’alleanza che va da Casini e Vendola – al di là della sua dubbia sostenibilità politica – non significhi la fine della vocazione maggioritaria del PD.

“Assolutamente no. Quella scelta è stata il più grande tentativo di modernizzazione della politica italiana ma a situazione di emergenza democratica, risposta di emergenza. Sarebbe un passaggio necessario per fermare la svolta autoritaria e arrivare alla costruzione di un bipolarismo moderno nel nostro paese”

La situazione si fa ancora più bizzarra. Perché la tesi di Franceschini ha una sua logica: la stessa logica che, facendo le dovute proporzioni, portò alla costituzione del CLN per combattere il fascismo da parte di forze politiche che si sarebbero poi separate. Ma anche qui, Franceschini ha sempre detto tutto il contrario. Tanto che D’Alema, durante la campagna congressuale del PD, gli faceva notare proprio la contraddizione dal definire Berlusconi un’emergenza e rifiutare una coalizione larga. Sembra che Berlusconi un anno fa non fosse abbastanza un’emergenza per il Paese, e ora sì. Tanto che di novità ce ne sono molte altre. Davanti a un possibile terzo polo tra Casini, Fini e Rutelli, una volta Franceschini avrebbe gridato all’attentato al bipolarismo. Oggi risponde:

“Vedremo, ma in ogni caso a chi toglierebbe voti? Certamente al centrodestra”

Insomma, il terzo polo potrebbe servire a togliere voti al centrodestra, voti che magari il PD da solo non sarebbe in grado di intercettare. Il cosiddetto “centro-sinistra col trattino” per Franceschini non è più “il fallimento del PD” bensì un’ipotesi che potrebbe essere addirittura auspicabile. Il giornalista di Repubblica purtroppo evita di fare domande sul programma di questa eventuale coalizione, che pare avere l’unico obiettivo di far fuori Berlusconi e poi chissà come va a finire. Arriva però la questione della leadership: chi dovrebbe fare il capo dell’alleanza? Anche qui, Franceschini ha sempre detto di essere per le primarie senza se e senza ma. Ora invece affiorano i primi se e i primi ma.

“Dipende dall’evolversi della situazione. Se la legislatura va avanti, abbiamo le primarie. Ma se la crisi si avvita, e rapidamente scatta la corsa alle urne, lo schema di gioco per forza cambia. Anche per ragioni di tempo, saremmo costretti a scegliere il nostro candidato premier magari solo in un mese”

In ogni caso, dice Franceschini, il PD non lavora per andare immediatamente alle urne.

Il Pd per quale scenario lavora?
“Se ci sarà un’apertura formale di una crisi, ad un governo di transizione con al primo punto la modifica del Porcellum. Però se non dovesse andare così, non abbiamo alcuna paura di affrontare la prova delle urne anche con questa legge elettorale”.

Pare molto difficile trovare i numeri nell’attuale Parlamento per cambiare il Porcellum.
“Parliamone il giorno dopo l’apertura vera di una crisi di governo… Le carte si rimescolano, in tanti a quel punto non avrebbero più voglia di legarsi mani e piedi ad un Berlusconi dimissionario”.