domenica 6 Novembre 2022

Google paga le fake news

Il sito americano di inchieste che si chiama ProPublica (ormai noto e stimato, dopo 15 anni e alcuni premi Pulitzer, edito da una non profit) ha pubblicato una lunghissima ricerca e analisi che dimostra come Google trascuri i siti in lingua non inglese nei controlli sulla disinformazione finanziata dalla propria piattaforma di gestione della pubblicità.

La gran parte dei siti web di tutto il mondo si affida a Google e al suo servizio Google Ads per ospitare inserzioni e ottenere ricavi: il servizio indirizza negli spazi dedicati sulle pagine del sito i banner pubblicitari con elaborati automatismi (è il sistema che ha messo in crisi la concorrenza delle concessionare di pubblicità, ridotto i costi per gli inserzionisti e i ricavi per i siti di news), che tengono conto della natura dei siti che raggiungono e che ne beneficiano solo con criteri di efficacia commerciale. I banner vengono inseriti in questa o quella pagina in modo da raggiungere gli utenti desiderati, in base al tipo di sito e al percorso di navigazione dell’utente (attraverso i discussi cookie ).

Negli ultimi anni Google si è in parte dedicata – sotto le critiche e le preoccupazioni legate alla diffusione deliberata di notizie false online – a individuare che le inserzioni che gestisce non siano ospitate da siti di disinformazione pericolosa, e quindi non le sostengano economicamente. Ma questo impegno – comunque insufficiente – è concentrato sui siti in lingua inglese, spiega l’inchiesta di ProPublica (guidata da Craig Silverman , uno dei più precoci esperti di fake news online).
Le tre ragioni per cui Google sceglie di intervenire sui siti di notizie false inibendoli a usare il suo servizio e a guadagnarne dei soldi, dice un ex dirigente dell’azienda citato nell’articolo, sono il timore della cattiva pubblicità per l’azienda, il timore di interventi legislativi o giudiziari conseguenti, il timore diretto per i propri ricavi e il proprio business: e sono tutti fattori sensibili soprattutto alle proprie attività sui siti in inglese, per questo quello che avviene nei paesi di altre lingue è molto più trascurato: con conseguenze sulle campagne elettorali, per esempio, e sulle falsificazioni pericolose diffuse in quelle occasioni.

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