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  • Sabato 6 gennaio 2018

L’FBI sta indagando ancora sulla Clinton Foundation

Il motivo è quello di mesi fa – presunta corruzione – ma non è chiaro se c'entrino in qualche modo le insistenze di Trump

Hillary Clinton, Washington, 17 settembre 2016
(Olivier Douliery/picture-alliance/dpa/AP Images)
Hillary Clinton, Washington, 17 settembre 2016 (Olivier Douliery/picture-alliance/dpa/AP Images)

L’FBI sta indagando ancora sulla Clinton Foundation, la fondazione di beneficenza di Bill e Hillary Clinton, per cercare di capire se ai donatori siano stati promessi favori politici o facilitazioni quando tra il 2009 e il 2013 Hillary Clinton era segretaria di Stato. Il sospetto è che non ci sia stata una separazione netta tra il lavoro di Clinton al dipartimento di Stato e coloro che avevano versato contributi fatti alla sua fondazione, ma è importante sapere che le indagini svolte nel 2016 da quattro sezioni dell’FBI – quelle di New York, Los Angeles, Washington e Little Rock – non avevano portato ad alcuno sviluppo giudiziario.

Della fondazione Clinton si era parlato molto durante l’ultima campagna presidenziale, perché Clinton era stata accusata da Trump e dai Repubblicani di crimini anche molto gravi – chiedevano che andasse «in galera» – risalenti a quando era segretario di Stato: non solo per il cosiddetto “scandalo delle email” ma anche per la gestione dei finanziamenti ricevuti dalla sua fondazione da persone che potevano aver usato quelle donazioni come un modo per arrivare a Bill e Hillary Clinton. Nell’agosto del 2016, infatti, il gruppo conservatore “Judicial Watch” aveva pubblicato 725 pagine di email provenienti dalla casella di posta di una stretta collaboratrice di Clinton, Huma Abedin, che suggerivano l’esistenza di un canale privilegiato tra il dipartimento di Stato e alcuni dirigenti della Clinton Foundation.

Le mail mostravano come alcuni dipendenti della Clinton Foundation avessero chiesto ad Abedin di organizzare incontri tra la stessa Clinton e alcuni importanti donatori della fondazione, per esempio un membro della famiglia reale del Bahrein (incontri che poi però non furono organizzati). L’agenzia di stampa Associated Press aveva ottenuto poi una serie di agende che contenevano una lista di conversazioni telefoniche e appuntamenti ufficiali intrattenuti da Clinton quando era segretaria di Stato. I documenti mostravano che Clinton aveva incontrato o avuto conversazioni telefoniche con 154 persone che non appartenevano al governo degli Stati Uniti: di questi 85 erano finanziatori della Clinton Foundation e avevano donato alla fondazione 156 milioni di dollari in tutto.

Il presupposto della nuova indagine sembra essere lo stesso: l’ipotetica corruzione legata alla fondazione. Non si sa però molto di più: non si conoscono i nomi dei donatori coinvolti né quelli dei possibili mediatori interni alla fondazione. Non si sa nemmeno, scrive il Washington Post, se in qualche modo il presidente Trump – che ha più volte sollecitato in modo esplicito la riapertura e la prosecuzione dell’inchiesta – abbia influenzato l’FBI né se le investigazioni siano iniziate prima o dopo la sua elezione.

Circolano comunque diverse ipotesi. Alcune hanno a che fare con la delegittimazione politica degli oppositori da parte dei Repubblicani. Secondo i Democratici la nuova amministrazione sta cercando con questa indagine di colpire i propri nemici politici. Il portavoce della Clinton Foundation, Craig Minassian, ha detto più o meno la stessa cosa: «Di tanto in tanto la fondazione è stata oggetto di accuse di natura politica, e ogni volta queste stesse accuse si sono dimostrate false».

Altre ipotesi legano la recente insistenza del presidente Trump sul fatto che Hillary Clinton venga formalmente indagata con gli ultimi sviluppi dell’inchiesta guidata dal procuratore speciale Robert Mueller all’interno del cosiddetto “Russiagate“, e cioè sul ruolo avuto dalla Russia alle ultime elezioni presidenziali e sulla presunta collaborazione che avrebbe ottenuto dal comitato Trump.

Mueller sta indagando principalmente su tre cose: l’interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali del 2016 che si è manifestata con gli attacchi informatici contro Hillary Clinton e il Partito Democratico, con il furto di dati e email poi diffusi online da Wikileaks e con la produzione e diffusione di notizie false online; la possibilità che qualcuno dentro il comitato elettorale di Donald Trump abbia collaborato o tentato di collaborare con la Russia; la possibilità che Donald Trump abbia cercato di ostacolare le indagini.

L’ultimo sviluppo di questa storia riguarda l’indagine della commissione Giustizia del Senato e coinvolge l’FBI: il senatore Chuck Grassley, Repubblicano e presidente della Commissione, ha chiesto che il dipartimento di Giustizia indaghi l’ex agente dell’intelligence britannica Christopher Steele con l’accusa di aver mentito all’FBI. Steele è l’autore del famoso rapporto messo insieme fra il 2015 e il 2016 dove ci sono informazioni di vario tipo sui contatti tra Trump e la Russia: si dice per esempio che il governo russo avrebbe aiutato Trump nella campagna, che sarebbero stati frequenti i contatti tra il governo russo e alcuni stretti collaboratori di Trump e che Trump sarebbe sotto ricatto da Putin. Il documento di Steele ha contribuito agli sviluppi dell’indagine giudiziaria.