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  • Mercoledì 25 maggio 2016

Il blocco delle raffinerie in Francia

Continuano proteste e scioperi contro la riforma del lavoro di Hollande, il carburante comincia a scarseggiare: e tutto a poche settimane dall'inizio degli Europei di calcio

La protesta fuori da un deposito di carburanti a Douchy-Les-Mines - 25 maggio 2016
(FRANCOIS LO PRESTI/AFP/Getty Images)
La protesta fuori da un deposito di carburanti a Douchy-Les-Mines - 25 maggio 2016 (FRANCOIS LO PRESTI/AFP/Getty Images)

Da settimane in Francia associazioni, sindacati e gruppi di lavoratori e studenti protestano contro una controversa riforma del lavoro che è stata approvata dall’Assemblea Nazionale senza discussione né voto, grazie al ricorso a un particolare meccanismo parlamentare, e che il 14 giugno comincerà a essere discussa al Senato: negli ultimi giorni sono state chiuse – o hanno subìto rallentamenti – tutte e otto le raffinerie della Francia, con conseguenti carenze di carburante. Circa il 20 per cento delle stazioni di servizio sono rimaste senza benzina e alcuni dei più grandi sindacati del paese (come CTG e FO, che chiedono il ritiro immediato della proposta di legge) hanno indetto nuove mobilitazioni per i prossimi giorni. Il tutto a pochi giorni dall’inizio dei campionati europei di calcio. Nella sera del 25 maggio i dipendenti delle 19 centrali nucleari francesi hanno deciso che giovedì 26 maggio sciopereranno contro la riforma del lavoro. Non sono però previsti problemi per quanto riguarda il funzionamento delle centrali.

I principali giornali francesi parlano di quello che sta succedendo come di una “prova di forza” tra sindacati e governo. I primi vogliono che la riforma sia ritirata e cercano di aumentare la pressione attraverso l’organizzazione di scioperi e il blocco delle raffinerie: il 31 maggio ci sarà uno sciopero delle ferrovie, il 2 giugno della metropolitana di Parigi (la RATP, anche sulle linee usate dai pendolari), dal 3 al 5 giugno si fermerà il traffico aereo mentre, domani, giovedì 26 maggio, ci saranno mobilitazioni in tutto il paese così come il 14 giugno, quando la legge comincerà a essere discussa al Senato. Il primo ministro Manuel Valls e il presidente Francois Hollande continuano invece a dire che non vogliono fare alcun passo indietro, dicono che una «minoranza ha preso in ostaggio il paese e i consumatori» e che useranno la forza per sgomberare i blocchi delle raffinerie. «Mostrano i muscoli», ha commentato Philippe Martinez, segretario generale della CGT, che secondo i giornali francesi è diventato o si atteggia a “capo dell’opposizione”.

Martedì mattina, verso le 4.30, è intervenuta la polizia alla raffineria di Fos-sur-Mer (Bouches-du-Rhône, vicino a Marsiglia) contro gli attivisti che bloccavano il sito dalla scorsa domenica. Gli agenti hanno usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, mentre i manifestanti hanno incendiato cassonetti e pneumatici. Dopo sei ore la raffineria è stata temporaneamente sbloccata. La CTG ha denunciato «scene di guerra e di violenza», ha avvertito il governo a «fare attenzione a non opporsi al diritto di sciopero» e ha deciso di bloccare anche altre raffinerie del paese: attualmente sei degli otto siti operano al minimo o sono completamente fermi. Sempre martedì si è fermato anche l’intero porto di Marsiglia, con decine di navi al largo in attesa di scaricare. La situazione ha causato moltissimi disagi alle stazioni di rifornimento di benzina, con migliaia di automobilisti in coda: il 20 per cento delle 12 mila stazioni di servizio del paese hanno attualmente difficoltà di fornitura. Il governo ha comunque invitato alla calma e ha dato l’autorizzazione ad utilizzare le riserve strategiche che potranno garantire il rifornimento per circa 4 mesi (per ora sono stati utilizzate quantità pari a 3 giorni su 115 disponibili). I partiti di destra hanno reagito al blocco denunciando l’immobilismo del governo e proponendo la requisizione delle raffinerie, come aveva fatto in una simile protesta contro la riforma delle pensioni Nicolas Sarkozy.

La maggioranza dei francesi (il 74 per cento secondo i sondaggi) non condivide la riforma del lavoro. Uno dei punti più contestati riguarda la retribuzione delle ore di straordinario, che verrebbe abbassata al 10 per cento di quella ordinaria (attualmente è di circa il 25 per cento in più nelle prime otto ore di straordinario). Di fatto, dicono i sindacati, se gli straordinari saranno più convenienti per i datori di lavoro, ce ne saranno molti di più: quindi l’orario di lavoro settimanale aumenterà con ridotti benefici per i lavoratori. Su questo punto, dopo le proteste, il governo sembra aver ritrattato: il ministro dei Trasporti ha annunciato ai camionisti in sciopero che il taglio del pagamento delle ore di straordinario non riguarderà il loro settore.

Nel frattempo la Total, che possiede sei delle otto raffinerie del paese, ha detto che la società sarà costretta a rivedere in modo drastico i suoi investimenti nel paese. Patrick Pouyanné, presidente del gruppo, ha fatto sapere che «se qualcuno vuole prendere in ostaggio le nostre strutture industriali per motivi che non hanno a che fare con l’azienda bisogna chiedersi se è giusto continuare ad investire».