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  • Domenica 15 novembre 2015

Il dibattito dei candidati Democratici statunitensi sul terrorismo e l’ISIS

Né Hillary Clinton né gli altri hanno fatto grandi proposte concrete, al confronto tv di stanotte, e non c'è stato un vincitore netto

di Francesco Costa – @francescocosta

I candidati Democratici durante un momento di raccoglimento per i morti di Parigi, prima del dibattito. (AP Photo/Charlie Neibergall)
I candidati Democratici durante un momento di raccoglimento per i morti di Parigi, prima del dibattito. (AP Photo/Charlie Neibergall)

Sabato sera – quando in Italia erano le tre del mattino di domenica – i candidati del Partito Democratico alla presidenza degli Stati Uniti si sono confrontati in un dibattito televisivo organizzato dal canale CBS News a Des Moines, in Iowa, lo stato da cui cominceranno le primarie il primo febbraio del 2016.

I candidati Democratici rimasti in corsa sono tre: Hillary Clinton, già segretaria di Stato, ex senatrice eletta a New York e moglie dell’ex presidente Bill Clinton; Bernie Sanders, senatore eletto in Vermont da due legislature dopo una lunga carriera da deputato; Martin O’Malley, ex governatore del Maryland ed ex sindaco di Baltimora. Il dibattito avrebbe dovuto affrontare una varietà di temi e questioni ma dopo gli attacchi di venerdì sera a Parigi i giornalisti hanno modificato la scaletta dedicando molto più spazio alla politica estera e alla sicurezza nazionale. In generale, però, la discussione è stata piuttosto confusa e poco concreta: giornalisti ed esperti non hanno individuato un vero vincitore del confronto, e tutti i candidati sono sembrati più a loro agio quando hanno parlato di politica interna.

Il primo esempio di questo atteggiamento è arrivato già con le dichiarazioni di apertura. Bernie Sanders, che è secondo nei sondaggi dietro Hillary Clinton ed è molto di sinistra, ha espresso il suo cordoglio per le persone coinvolte negli attacchi di Parigi ma poi è subito passato a discutere dei temi che gli stanno più a cuore: le diseguaglianze economiche, le tasse, il welfare. Clinton e O’Malley hanno impiegato più tempo a parlare di politica estera, ma senza offrire soluzioni concrete e proponendo soprattutto slogan e dichiarazioni di principio: nelle due ore di dibattito, per esempio, nessuno dei tre candidati ha detto se pensa che gli Stati Uniti debbano mandare dei soldati a combattere l’ISIS in Siria e in Iraq.

Hillary Clinton si è distanziata da Barack Obama quando ha detto che l’ISIS «non può essere contenuto e deve essere sconfitto» – Obama in settimana aveva detto che gli Stati Uniti erano riusciti a «contenere» l’avanzata dell’ISIS, che in qualche misura è vero – e ha più volte insistito su quanto la lotta al terrorismo non possa essere un solo problema degli Stati Uniti. Sanders ha ribadito che secondo lui il riscaldamento globale rimane una minaccia più grave del terrorismo ma ha accusato indirettamente Clinton dicendo che la decisione «disastrosa» di invadere l’Iraq ha generato il caos che ha portato alla nascita dell’ISIS. Anche O’Malley si è unito a queste critiche – «Oggi la Libia è un casino, la Siria è un casino, l’Afghanistan è un casino» – e più di una volta Clinton si è trovata a doversi difendere da entrambi i candidati. Hillary Clinton ha detto che l’estremismo e il terrorismo jihadista sono problemi che precedono molto l’invasione dell’Iraq, ricordando gli attacchi contro le ambasciate e i soldati statunitensi avvenuti negli anni Novanta fino a quelli dell’11 settembre del 2001; ma ha detto che al di là del contesto storico anche lei oggi considera la guerra in Iraq – per cui aveva votato da senatrice – un errore politico.

In generale O’Malley è sembrato il più inesperto e a disagio nelle discussioni sulla politica estera. Sanders invece ha offerto una delle poche proposte concrete della serata, sostenendo che i paesi mediorientali debbano essere i primi a combattere questa guerra – si combatte «per l’anima dell’Islam», ha detto – e sostenendo che innanzitutto nazioni come Arabia Saudita, Iran, Turchia e Giordania debbano combattere l’ISIS, insieme a una coalizione internazionale. «Loro devono sporcarsi le mani e mandare i propri soldati a combattere».

Si è discusso molto online del fatto che nessuno dei tre candidati Democratici abbia mai messo il terrorismo di Parigi e dell’ISIS in collegamento diretto con l’Islam, rifiutandosi di parlare di “terrorismo islamico” o “estremismo islamico” ma usando le espressioni “estremismo violento” e “jihadismo estremista”. Clinton ha detto: «Non credo che siamo in guerra con l’Islam né con tutti i musulmani; siamo in guerra con i jihadisti». Lo stesso hanno detto più o meno O’Malley e Sanders.

La discussione si è poi spostata sui temi di politica interna, dove Clinton si è trovata di nuovo molto criticata soprattutto per i suoi legami con Wall Street, visti i corposi finanziamenti che ha ricevuto nel corso della sua carriera dalle grandi banche d’investimento. È stato lo scambio più significativo della serata.

SANDERS: «La questione è questa, voglio dire, cerchiamo di non essere ingenui. Perché, durante la sua carriera politica, Wall Street è stata una dei principali finanziatori di Hillary Clinton? Non so, forse sono stupidi e non sanno che cosa li aspetta, ma io non credo. […] Non ho mai visto un candidato finanziato da aziende petrolifere, o da Wall Street o dall’industria bellica, che non dica: non sarò influenzato da queste donazioni! Resterò indipendente! Beh, ma allora perché ricevono tutte queste donazioni? Si aspettano di ricevere qualcosa in cambio, tutti lo sanno. La mia campagna elettorale è differente, noi ci basiamo sulle piccole donazioni».

CLINTON: «In pratica stai mettendo in discussione la mia integrità, cerchiamo di essere franchi».

SANDERS: «No, non è vero»

CLINTON: «Un momento, senatore. Non solo ho centinaia di migliaia di sostenitori della mia campagna, la gran parte dei quali hanno donato piccole cifre. Sono anche orgogliosa che per la prima volta i miei finanziatori sono in maggioranza donne, il 60 per cento. Dunque, però. Io rappresentavo New York al Senato quando siamo stati attaccati l’11 settembre. Dove siamo stati attaccati? Siamo stati attaccati a Downtown Manhattan, dove c’è Wall Street. Ho passato moltissimo tempo e impiegato tantissimi sforzi nell’aiutarli a rimettersi in piedi e sostenere la ricostruzione. È stato un bene per New York. È stato un bene per l’economia ed è stato un modo per combattere i terroristi che ci avevano attaccati».

Clinton è stata criticata online dopo il dibattito per aver usato gli attentati dell’11 settembre per difendersi, e alcuni hanno trovato pretestuosa la sua giustificazione: è possibile che di questa risposta si continui a parlare ancora nei prossimi mesi, e sicuramente il tema tornerà al prossimo confronto televisivo tra i candidati Democratici, previsto per il 19 dicembre a Manchester, nel New Hampshire. Al momento nella media dei sondaggi nazionali Clinton è in vantaggio con il 54,7 per cento dei consensi, seguita da Sanders con il 33 e O’Malley con il 2,7. Clinton è avanti anche nel primo stato in cui si vota, l’Iowa, dove ha un vantaggio di 24 punti percentuali; in New Hampshire la situazione è molto più equilibrata, con Sanders avanti di un punto percentuale, mentre in South Carolina Clinton è di nuovo avanti e con ben 47 punti di vantaggio.