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  • Venerdì 2 ottobre 2015

La storia del ragazzo condannato a morte in Arabia Saudita

Sì chiama Ali Mohammed Baqir al-Nimr: è stato condannato alla crocifissione perché ha manifestato contro il re, ma c'entrano anche altre questioni

(Twitter)
(Twitter)

Ali Mohammed Baqir al-Nimr è un ragazzo poco più che ventenne nato e cresciuto in Arabia Saudita, arrestato nel febbraio 2012 per dei reati compiuti nel 2011 – quando aveva 17 anni – durante la cosiddetta Primavera araba, il nome dato alle proteste e manifestazioni contro molti governi del Nord Africa e del Medio Oriente. Al-Nimr è in prigione dal febbraio 2012 e a maggio del 2014 una corte dell’Arabia Saudita lo ha condannato a morte per crocifissione. Al-Nimr è stato accusato di vari reati, tra cui la sommossa, l’incitamento alla rivoluzione contro il re dell’Arabia Saudita e il possesso d’armi.

Si è iniziato a parlare della condanna a morte di al-Nimr dopo che nelle ultime settimane si sono mobilitate per lui molte importanti associazioni internazionali, alcuni politici e alcune importanti personalità dello spettacolo. La mobilitazione è iniziata dopo che a settembre il re saudita Salman bin Abdelaziz al Saud ha confermato la condanna a morte di al-Nimr. BBC scrive però che il nome di al-Nimr è diventato “trending” su Twitter dopo che il 23 settembre lo ha menzionato in un tweet il comico e conduttore televisivo Bill Maher, che la sera prima aveva parlato nel suo programma televisivo di Ahmed Mohammed, il ragazzo americano arrestato e poi rilasciato per aver portato a scuola un orologio artigianale che ad alcuni era sembrato una bomba. Il tweet è in seguito stato rimosso.

Nel difendere al-Nimr le varie associazioni – tra cui Amnesty International e Reprive – spiegano che il governo saudita non può condannare a morte un ragazzo che ha compiuto i reati di cui è accusato quando aveva meno di 18 anni: esistono convenzioni internazionali, che l’Arabia Saudita è tenuta a rispettare, che lo vietano. A prescindere da tutto questo, chi si oppone all’esecuzione spiega che al-Nimr ha confessato i suoi presunti crimini sotto tortura e che nel processo che lo riguarda non si sia voluto tenere conto di questo fatto.

Tra il 1985 e il 2013 in Arabia Saudita sono state uccise dopo una condanna a morte oltre duemila persone; secondo i dati di Amnesty International tra l’agosto 2014 e il giugno 2015 ci sono state 175 decapitazioni. Il motivo per cui si parla molto di al-Nimr – e secondo molti anche il principale motivo per cui è stato condannato a morte – ha però a che vedere con un suo zio, lo sceicco Nimr Baqr al-Nimr, anche lui arrestato durante la Primavera araba. Lo sceicco al-Nimr è accusato di aver tenuto un discorso in cui, secondo la corte saudita, incitava a “dichiarare guerra a Dio” e anche lui è stato condannato a morte. Sia lo sceicco che suo nipote sono sciiti mentre la maggioranza dell’Arabia Saudita è sunnita, come il re Salman bin Abdelaziz al Saud.

In Arabia Saudita vivono circa 30 milioni di persone e si stima che un decimo di loro sia di religione islamica sciita. La maggior parte degli sciiti dell’Arabia Saudita vive in una regione a est del paese, in cui si trova il distretto di Qatif, in cui nel 2012 è stato arrestato al-Nimr. L’area di Qatif è molto importante per il governo dell’Arabia Saudita perché lì si trova gran parte del petrolio del paese. La situazione di al-Nimr è complicata e difficile perché non riguarda quindi solo una questione personale ma una ben più grande: il sistema religioso ed economico del paese. Se è possibile ipotizzare i motivi della condanna di al-Nimr, non esistono al momento elementi per sapere se le mobilitazioni e le petizioni contro la sua esecuzione a morte otterranno il loro scopo. Al momento nemmeno si sa una data in cui l’Arabia Saudita eseguirà la sentenza di al-Nimr.