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  • Venerdì 4 aprile 2014

Lo smog di una volta, a Londra

Belle foto di mezzo secolo fa dalla città che lo ha inventato, ora che se ne sta preoccupando di nuovo

November 1953: A couple walking in London wearing smog masks on a foggy day. (Photo by Monty Fresco/Topical Press Agency/Getty Images)
November 1953: A couple walking in London wearing smog masks on a foggy day. (Photo by Monty Fresco/Topical Press Agency/Getty Images)

Negli ultimi giorni il Met Office – il servizio meteorologico britannico – ha previsto una serie di condizioni atmosferiche che favoriranno uno dei massimi innalzamenti dei livelli di inquinamento di tutto l’anno (livello 10), dovuto principalmente alla concomitanza di grandi tempeste di sabbia nel Sahara e venti molto forti che hanno spinto la sabbia verso il sud dell’Inghilterra. Sarà così per almeno tutto il resto della settimana: alle persone con problemi respiratori è stato consigliato di evitare grossi sforzi fisici e in genere di uscire il meno possibile.

Non è la prima volta che l’Inghilterra e Londra devono far fronte a un’emergenza del genere, anzi si può dire che lo “smog” sia un problema nato in Inghilterra (a partire dalla fine del 1700 e dalla rivoluzione industriale). Nel dicembre del 1952, come ricorda l’Economist, la morte di circa 3.500 persone a causa delle complicazioni di problemi di asma fu direttamente legata agli elevatissimi livelli di inquinamento durante un periodo di quattro giorni – da giovedì 5 a martedì 9 dicembre – poi divenuto noto come “grande Smog”.

In quei giorni il fenomeno – inizialmente favorito dalla nebbia persistente – fu aggravato dalla notevole combustione di carbone da parte della popolazione, per riscaldarsi in giorni di grande freddo e forti nevicate. In condizioni normali il fumo avrebbe raggiunto l’atmosfera e si sarebbe disperso, ma un anticiclone in tutta la regione causò la stagnazione dei fumi inquinanti e la cosiddetta “inversione termica”, che impedisce il normale rimescolamento delle masse d’aria (le sostanze inquinanti si accumularono e rimasero “intrappolate” negli strati inferiori). Si racconta ancora oggi che la nebbia di quei giorni fu così fitta e densa che le persone non riuscivano a vedersi i piedi, e fu necessario ricorrere all’illuminazione diurna per consentire la circolazione stradale.