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  • Mercoledì 18 settembre 2013

Cosa succede in Bangladesh

Da ieri decine di migliaia di persone protestano contro la condanna a morte del capo del più grande partito islamista del paese

Activists of the Jamaat-e-Islami party vandalize a car upon hearing the revised sentencing of Abdul Quader Mollah, assistant secretary general of the party, in Dhaka September 17, 2013. Bangladesh's Supreme Court sentenced Mollah, an Islamist leader, to death for war crimes on Tuesday, overturning a life sentence imposed by a tribunal, triggering outrage from his lawyers and protests from his supporters. REUTERS/Said Hossain (BANGLADESH - Tags: CRIME LAW CIVIL UNREST POLITICS CONFLICT)
Activists of the Jamaat-e-Islami party vandalize a car upon hearing the revised sentencing of Abdul Quader Mollah, assistant secretary general of the party, in Dhaka September 17, 2013. Bangladesh's Supreme Court sentenced Mollah, an Islamist leader, to death for war crimes on Tuesday, overturning a life sentence imposed by a tribunal, triggering outrage from his lawyers and protests from his supporters. REUTERS/Said Hossain (BANGLADESH - Tags: CRIME LAW CIVIL UNREST POLITICS CONFLICT)

Da martedì 17 settembre in diverse città del Bangladesh vanno avanti grandi manifestazioni organizzate dai sostenitori del partito islamista di opposizione Jamaat-e-Islami, per protestare contro la sentenza di condanna a morte di uno dei suoi leader, Abdul Quader Molla. Le manifestazioni si sono trasformate presto in scontri anche molto violenti con la polizia: gli agenti hanno risposto al lancio di pietre e ordigni artigianali usando gas lacrimogeni.

Il partito Jamaat-e-Islami ha indetto due giorni di sciopero nazionale, sostenendo che la sentenza per Abdul Quader Molla è stata motivata politicamente dal governo, che sarebbe intenzionato a indebolire l’opposizione islamista. A Dacca, la capitale del Bangladesh, le forze di sicurezza hanno arrestato almeno cinque attivisti del partito; le autorità hanno comunicato che mercoledì le scuole e le attività commerciali rimarranno chiuse. Il governo ha schierato anche le guardie di confine per cercare di mantenere l’ordine e bloccare la diffusione delle violenze.

Non è la prima volta che si verificano proteste di questo tipo nel paese: i sostenitori del partito Jamaat-e-Islami avevano iniziato a manifestare in migliaia dall’inizio di febbraio, quando un altro leader del partito islamista, Delwar Hossain Sayedee, 73 anni, era stato condannato da un tribunale speciale per crimini legati alla guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971. Sempre a febbraio, Abdul Quader Molla era stato condannato all’ergastolo per crimini di guerra – nel processo di appello che si è tenuto martedì, tuttavia, la sentenza è stata rivista, e Quader Molla è stato condannato a morte.

Martedì il procuratore generale Mahbubey Alam ha detto che la sentenza è ora definitiva e che non ci sarà possibilità di appellarsi di nuovo. Negli ultimi otto mesi le sentenze dei tribunali bengalesi avevano deluso sia i sostenitori che gli oppositori di Jamaat-e-Islami: i primi hanno accusato i tribunali di avere fatto diventare i processi una questione politica, mentre i secondi hanno chiesto che tutte le condanne all’ergastolo fossero trasformate in condanne a morte.

Dopo l’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan nel 1971, il ruolo di Jamaat-e-Islami nella politica bengalese è rimasto molto importante, ma anche molto difficile e complicato. Gli Jamaat, principale partito islamista del paese e oggi nella coalizione di centrodestra all’opposizione, durante la guerra del 1971 si allearono con l’esercito pakistano contro le forze indipendentiste bengalesi e furono coinvolti in stupri, omicidi e torture di connazionali. In tutta la guerra, durata nove mesi, si stima siano stati uccisi tre milioni di persone e siano state violentate 200mila donne: Jamaat-e-Islami ha sempre negato di avere preso parte ai crimini, ma diversi leader del partito negli ultimi anni sono stati accusati di averli compiuti.