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  • Martedì 30 luglio 2013

C’è una svolta nel processo per lo stupro di gruppo in India

Uno dei cinque accusati ha cambiato versione, ammettendo che si trovava sull'autobus su cui fu violentata la ragazza, morta due settimane dopo per le gravi ferite

An Indian student holds a cartoon during a march to mourn the death of a gang rape victim in Hyderabad, India, Friday, Jan. 4, 2013. Five men accused of raping the university student for hours on a bus as it drove through India's capital were charged with murder, rape and other crimes that could bring them the death penalty. The attack on the 23-year-old woman, who died of severe internal injuries over the weekend, provoked a fierce debate across India about the routine mistreatment of females and triggered daily protests demanding action. (Staffing/Mahesh Kumar A.)
An Indian student holds a cartoon during a march to mourn the death of a gang rape victim in Hyderabad, India, Friday, Jan. 4, 2013. Five men accused of raping the university student for hours on a bus as it drove through India's capital were charged with murder, rape and other crimes that could bring them the death penalty. The attack on the 23-year-old woman, who died of severe internal injuries over the weekend, provoked a fierce debate across India about the routine mistreatment of females and triggered daily protests demanding action. (Staffing/Mahesh Kumar A.)

Ci sono novità importanti sul processo a New Dehli contro i cinque uomini accusati di avere violentato in gruppo su un autobus, lo scorso 16 dicembre, una studentessa indiana morta dodici giorni dopo in ospedale. Negli ultimi giorni, uno degli imputati ha cambiato radicalmente la sua testimonianza mettendo in crisi anche la strategia difensiva di tutti gli altri: ha infatti dichiarato che quella notte si trovava sull’autobus mentre, fino a ora, gli uomini avevano sempre negato di essere stati presenti.

L’episodio dello stupro di gruppo a Nuova Delhi è diventato un caso in India, soprattutto per la brutalità con cui la giovane donna – di cui non si conosce il nome completo – era stata stuprata e poi abbandonata per strada insieme con un amico, che aveva cercato inutilmente di proteggerla. La ragazza aveva riportato un trauma cranico, un arresto cardiaco, infezioni ai polmoni, all’addome e gravi danni cerebrali ed era morta il 29 dicembre in un ospedale a Singapore, dove era stata trasferita per le cure. La vicenda aveva provocato manifestazioni di protesta in tutto il paese e aveva portato all’approvazione di nuove norme per garantire maggiore sicurezza e protezione alle donne.

Il processo era iniziato il 3 gennaio. Inizialmente gli imputati erano sei: Ram Singh, l’autista, suo fratello Mukesh, Pawan Gupta, Vinay Sharma, Akshay Thakur e un ragazzo che all’epoca dei fatti aveva 17 anni e che sarà dunque giudicato dal tribunale minorile. Lo scorso 11 marzo, Ram Singh era stato trovato morto nella sua cella nel carcere di Tihar, a New Delhi. La polizia aveva detto che Singh si era impiccato, ma il suo avvocato e la famiglia sostenevano che fosse stato ucciso. Sulla sua morte è stata aperta un’inchiesta di cui non si conoscono ancora i risultati.

I quattro uomini rimasti sono sotto processo per 13 capi di accusa, tra cui omicidio, stupro di gruppo, sequestro di persona e distruzione di prove. Se condannati rischiano la pena di morte, mentre la pena massima per il minorenne è di tre anni in un riformatorio. Il verdetto è atteso per il prossimo mese, ma i tempi si sono già allungati di molto: la sentenza sul minorenne, ad esempio,  è già stata rimandata due volte (è attesa ora per il 5 agosto), nonostante all’inizio di dicembre la Corte Suprema avesse firmato un’ordinanza rivolta ai tribunali del paese in cui raccomandava di far svolgere i processi nei confronti degli stupratori nei tempi massimi di due mesi previsti dalla legge.

Finora, tutti gli imputati si erano dichiarati non colpevoli e sostenevano di non essere saliti sull’autobus. Mukesh Singh, 22 anni, ha però cambiato la sua versione dei fatti. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, che ha letto la trascrizione della sua ultima testimonianza datata 10 e 11 luglio, Singh ha detto che la notte del 16 dicembre il fratello maggiore Ram lo aveva chiamato al telefono chiedendogli di sostituirlo alla guida dell’autobus perché troppo ubriaco. Una volta arrivato aveva trovato il fratello e gli altri imputati a bordo del bus, descrivendo anche dove ciascuno fosse seduto. Da qui in poi, alcune parti della sua testimonianza corrispondono al racconto degli eventi fatto durante il processo: l’autobus si è fermato nella zona di Munrika, a sud della città, per far salire la ragazza e l’amico, i cinque passeggeri a bordo avevano iniziato a fare apprezzamenti nei confronti della donna ed era nata una lite. Singh ha anche spiegato che l’autobus aveva uno scomparto separato per il conducente, per questo, ha detto, lui non ha visto o sentito quello che stava succedendo nella parte posteriore: «Non ho sentito alcun grido dalla cabina di guida che in quel momento era chiusa». Un investigatore della polizia che ha esaminato l’autobus ha detto in un’intervista che in effetti la cabina era separata, ma non insonorizzata. Singh ha infine concluso che non poteva essere sicuro che i due ragazzi fossero stati buttati fuori dall’autobus perché le luci all’interno erano spente.

Gli altri tre imputati continuano a sostenere di non essere stati presenti sull’autobus la notte dello stupro: Akshay Kumar ha detto di aver preso un treno per raggiungere un villaggio nello stato orientale del Bihar il giorno prima dell’episodio; Kumar, che lavora come addetto alle pulizie sugli autobus, ha detto che nei prossimi giorni chiamerà 10 persone che testimonieranno a suo favore. Pawan Gupta e Vinay Sharma, infine, hanno testimoniato di trovarsi insieme ad una festa in un parco pubblico e hanno fatto intendere che con Singh erano nate precedentemente alcune controversie che potrebbero spiegare la sua nuova versione dei fatti. I loro avvocati difensori hanno ipotizzato che Singh abbia cambiato la sua testimonianza solo per ricevere un pena più lieve.