Sull’AgCom hanno scherzato

Casini e Bersani si sono accordati per scegliere un commissario di nessuna competenza specifica, ignorando trasparenza ed esperienza, e richieste degli elettori: domani vedremo come voteranno i loro parlamentari

Alle 14 di questo pomeriggio le agenzie hanno diffuso la notizia di un accordo sul nome del quarto commissario dell’Agenzia sulle Comunicazioni (AgCom) tra Partito Democratico e UdC. E non è una buona notizia.

Brevissimo riassunto (quello più esteso è qui): da alcune settimane è in ballo la scelta sui nuovi commissari e sul presidente di AgCom, agenzia importantissima nello sviluppo e l’indirizzo di tutto quello che riguarda settori importantissimi di quel che è e sarà l’Italia, come la televisione e internet, per dirne due. Con un’intuizione rara sull’opportunità di riguadagnare qualche punto alla propria immagine devastata, alcuni partiti di centrosinistra avevano raccolto un esteso invito di cittadini e persone che si occupano di internet a maggiore trasparenza nella scelta e maggior valore per competenze e attributi specifici dei candidati. Ricordiamo che benché i commissari vengano “eletti” dai parlamentari, una consuetudine irreggimentatrice fa sì che di fatto si tratti di nomine: le segreterie decidono i nomi e li impongono al voto dei propri parlamentari.

Il risultato dell’apparente ventata di novità dell’approccio era stato che – mentre il PdL sceglieva i suoi candidati col consueto criterio di “fedeltà alla linea” degli interessi Mediaset – il PD aveva almeno proposto dei suoi nomi qualificati, e tra i partiti minori (FLI, IdV, API) si era diffuso un appoggio alla trasparenza della scelta e dei curricula dei candidati, oltre che un’estesa adesione a includere nel quartetto un uomo di riconosciuta esperienza sulle cose di Internet e indipendenza dai partiti come Stefano Quintarelli.

Quello che non era ancora chiaro era la posizione dell’UdC, che da una parte andava esibendo grande condivisione per questi approcci di qualità e dall’altra però si tratteneva dall’applicarli nella scelta di candidati convincenti, o di convergere sulla indiscutibile scelta Quintarelli fatta dagli ex alleati dell’ex Terzo Polo. Una settimana fa Roberto Rao, deputato UdC assiduo su Twitter e vicino assai a Pierferdinando Casini, di fronte ai dubbi su questi tentennamenti scriveva:

Che le cose non stessero invece prendendo pieghe promettenti e rientrassero nei ranghi del solito manuale Cencelli, cominciava a vedersi da ieri. Da una parte il PD annunciava di voler cercare di eleggere due uomini “suoi”, a scapito di un maggior pluralismo e dell’appoggio al candidato dei partiti minori; dall’altra i curricula dei candidati non venivano mostrati pubblicamente, adducendo ridicole pretese di privacy.
Fino a che, oggi, arriva notizia dell’accordo tra Bersani e Casini sul nome di Francesco Posteraro, navigato, stimabile ed esperto funzionario parlamentare, oggi vicesegretario della Camera, senza nessuna competenza specifica attinente al ruolo di commissario AgCom e a quei settori. E quel che rende tutto più platealmente sfacciato: tra i curricula presentati dai candidati fino a oggi – messi meritoriamente online dai radicali – quello di Posteraro non c’è, a conferma che la sua candidatura è stata estratta dal cappello con trattativa politica dell’ultim’ora e senza nessuna qualifica o ambizione motivata per quel ruolo (aggiornamento: il curriculum di Posteraro è stato presentato contestualmente all’accordo, prima della scadenza delle 15). Ricordiamo il passaggio della legge sulle Autorità di Garanzia:

I componenti di ciascuna Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore;

Morale della favola, se la favola si conclude qui: tirata una riga tra chi indica nomi qualificati e chi indica nomi non qualificati ma “politici”, la leadership dell’UdC ha deciso di collocarsi coi secondi, pur di fronte all’esempio visibile di un’alternativa; e la leadership del PD – per non correre rischi di perdere sul suo secondo candidato – ha deciso di non mettersi di traverso a patto di partecipare alla scelta su questo nome. La favola però si conclude domattina, col voto del Parlamento: dove i deputati sono responsabili di quello che scrivono e dei nomi che indicano e della loro disponibilità ad aderire a questo metodo. Oppure possono fare quello che si aspettano i loro elettori, non uno dei quali troverebbe preferibile un commissario dell’AgCom estraneo a quei temi e competenze a uno che li conosca e frequenti, né un commissario di estrazione politico-parlamentare a uno indipendente.

Voi come dite che andrà?

(foto Mauro Scrobogna /LaPresse)

 

Aggiornamento: Dario Franceschini ha così spiegato le scelte del PD, citando il rispetto delle volontà delle minoranze parlamentari (ma guarda caso solo quella dell’UdC) e glissando rapidamente sulla questione delle qualifiche del candidato scelto e dell’indifferenza del PD a questo punto (mentre l’onorevole Vita del PD parla di “disagio per il metodo seguito”).