domenica 18 Settembre 2022

Soldi, elezioni e quotidiani

Antonio Angelucci è il discusso editore del Tempo e di Libero : il primo è il quotidiano romano storico “di destra”, che da molti anni ha perso lettori e centralità (che aveva anche nella politica nazionale: la sua stessa sede è davanti a Palazzo Chigi) e non è più in competizione con l’altro grande quotidiano romano, il Messaggero . Il secondo è un quotidiano con sede a Milano, a sua volta con posizioni di destra esibite molto aggressivamente e faziosamente, che fu fondato nel 2000 da Vittorio Feltri che ne è tuttora direttore editoriale. Il direttore è Alessandro Sallusti, e anche Libero è in un periodo di crisi, ed è rimasto molto indietro in termini di copie nella competizione con il quotidiano che gli ha tolto spazio e lettori, la Verità . Angelucci possiede anche il Corriere dell’Umbria , principale quotidiano della regione per diffusione.

L’attività principale di Angelucci – che ha 78 anni – non è quella di editore: in decenni da imprenditore ha accumulato e continua ad accumulare grandi ricchezze nel settore delle cliniche private, e le ha sfruttate – le ricchezze – per investire nella pubblicazione di giornali promotori di idee politiche e di toni che condivide (ciò malgrado Libero chiede e riceve ogni anno 5 milioni e mezzo di euro di contributi pubblici) e per entrare lui stesso in politica ottenendo di essere eletto deputato per tre volte con Forza Italia: alle elezioni della settimana prossima sarà ancora candidato, ma con la Lega. La sovrapposizione di questi ruoli non è la sola cosa che lo rende “discusso”: negli anni le sue attività imprenditoriali e finanziarie hanno subito inchieste e accuse alcune delle quali non si sono ancora concluse giudiziariamente.

Questa settimana le attività contestate di Angelucci sono state di nuovo oggetto di articoli diversi su due quotidiani nazionali: il Fatto ha dato notizia del rinvio di un’udienza in cui Angelucci è accusato di corruzione, mentre sabato Domani ha pubblicato una pagina sulle sue manovre – di cui Domani contesta la legittimità – per ottenere esenzioni fiscali dallo stato italiano rispetto a enormi investimenti in Lussemburgo.

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