domenica 12 Settembre 2021

I contributi pubblici al Secolo d’Italia

Il Fatto ha pubblicato un’inchiesta sull’assegnazione dei contributi pubblici diretti al quotidiano Il Secolo d’Italia, all’interno della legge che assegna a diverse testate quei contributi con criteri già discutibilissimi, spesso aggirati con trucchi, e inutili ai fini del miglioramento della qualità dell’informazione.
Una legge del 2017 approvata ai tempi di Renzi e Gentiloni, vieta allo Stato di dare soldi ai giornali dei movimenti politici. Il Secolo d’Italia, che ha nel suo organico come giornalista in aspettativa parlamentare Giorgia Meloni, ha continuato a incassare il contributo anche se è edito da una società che nel suo statuto fino al maggio 2019 proclamava di pubblicare ‘un organo di movimento politico’. La società editrice Secolo d’Italia Srl è di proprietà al 100% della Fondazione Alleanza Nazionale, erede del patrimonio immobiliare e del giornale dell’omonimo partito. An non si presenta da tempo alle elezioni quando nel suo statuto la Srl dichiara che Il Secolo d’Italia è “organo del movimento politico Alleanza Nazionale”. Questo fino al maggio 2019 quando la clausola dell’organo sparisce.

La legge del 2017, per come è stata scritta (“Non possono accedere al contributo le imprese editrici di organi di informazione dei partiti, dei movimenti politici…”), sembrerebbe tagliare fuori la Secolo d’Italia Srl fino a quella data. Eppure il giornale ha continuato a incassare i contributi: 780 mila euro nel 2018 e 935 mila euro nel 2019 più un anticipo di 467 mila euro per il 2020, poi arriverà il conguaglio […]
Abbiamo chiesto al Dipartimento Editoria perché Il Secolo abbia preso il contributo nel 2018 e 2019, anche dopo l’entrata in vigore della legge e prima della modifica dello Statuto. La risposta è questa: “Inizialmente avevamo inviato alla società un preavviso di un possibile diniego del contributo proprio perché – come da voi notato – per Statuto Il Secolo d’Italia era organo di movimento politico. Poi ci hanno prodotto alcuni documenti che ci hanno convinto. C’è una lettera del 22 dicembre 2017 del presidente della Fondazione An Giuseppe Valentino all’amministratore Antonio Giordano e al direttore editoriale Italo Bocchino nella quale chiede di evitare che Il Secolo d’Italia sia percepito come organo di partito o movimento politico. Poi c’è una comunicazione all’Agcom nella quale il quotidiano nel 2018 non si definiva più organo di partito. Infine c’è il verbale del Cda della Fondazione Alleanza Nazionale del 30 ottobre 2018 nel quale il presidente informava che Il Secolo si era allineato alle sue indicazioni e coerentemente era necessario adeguare lo Statuto. Cosa poi avvenuta a maggio 2019”.
Tanto basta al dipartimento Editoria per ritenere che Il Secolo d’Italia non sia più un organo di movimento politico già dal 2018″.

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