domenica 25 Febbraio 2024

Charlie, like it’s 2014

Per i maggiori siti di news italiani siamo di nuovo nel 2014, quando con un po’ di ritardo si stavano scoprendo i meccanismi del SEO – un po’ inafferrabili e un po’ afferrabili – o la potenza delle condivisioni sui social network. La condizione è particolare perché, come Charlie ha raccontato spesso, il mondo dei media online sta andando da un’altra parte: sta spostando le priorità verso approcci e contenuti che incentivino l’apprezzamento e la fiducia dei lettori e li portino a credere nel valore e nella qualità (a volte equivocandoli, ma comunque a crederci) di questo o quel giornale e a disporsi a pagare per ottenere o sostenere quel valore. Togliendo invece risorse e impegni dall’affannosa ricerca di ricavi pubblicitari in declino, dalla costruzione di enormi quantità di pagine viste qualsivoglia, dalla “ricerca dei clic” a scapito del valore percepito del giornale.

Invece queste ultime cose sono di nuovo, più che mai, le ambizioni maggiori delle testate online più importanti, in particolare quelle dei giornali tradizionali. Che non riescono ad affrontare quella transizione con una visione sul lungo periodo e restano quotidianamente dipendenti dai ricavi pubblicitari.
Solo che oggi, più che mai, quelle grandi quantità di traffico necessarie ad attenuare la perdita di quei ricavi non sono controllabili e governabili dai siti stessi: dipendono in gran parte da dinamiche di condivisione o promozione legate ad algoritmi e piattaforme. Se Google Discover dà visibilità a un articolo, sposta centinaia di migliaia di visualizzazioni. Un articolo sul sito del 
Corriere della Sera opportunamente titolato che all’inizio di quella settimana ipotizzava – con grande vaghezza – l’orario a cui sarebbe stato annunciato il vincitore di Sanremo ha avuto una circolazione enorme ed è stato imitato nei giorni successivi praticamente da tutti (in molti casi tradendo del tutto le promesse del titolo).

E, come spieghiamo ogni volta che mostriamo i dati di traffico, a fare la differenza nelle classifiche relative sono spesso variabili incontrollabili o scelte che non hanno a che fare con una stabile competitività giornalistica di una testata. E da variabili incontrollabili o fattori non di qualità giornalistica dipendono quindi gli investimenti pubblicitari ancora così prioritari per la maggior parte dei siti di news. Dovrebbe essere un’ulteriore ragione per cominciare a darsene altre, di priorità: ma è anche vero che tutto è così in cambiamento continuo per cui ogni apparenza può ingannare. Sarà interessante rileggere queste considerazioni tra un anno.

Fine di questo prologo.

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