domenica 2 Aprile 2023

Charlie, giornalismo o forse no

Sul magazine online dedicato ai media della Nieman Foundation è stata pubblicata una riflessione di Issac Bailey, un giornalista americano di ricco curriculum, a proposito di quanto si possa considerare “giornalismo” quello della rete televisiva Fox News. O meglio, se Fox News possa essere ancora definire un “news outlet” dopo lo svelamento di una serie di comportamenti in malafede di molti suoi giornalisti che stanno emergendo in una causa legale che ha al centro il racconto delle ultime elezioni presidenziali. Bailey ammette che la sua pretesa di escludere Fox News dal novero del “giornalismo” possa suonare partigiana, o imbarazzante per l’abituale corporativismo dei giornalisti: e spiega che la ragione per cui i giornalisti delle altre testate hanno in altre occasioni difeso l’autonomia di Fox News è che tutti sanno di poter fare sbagli e che questi sbagli possono avere gravi conseguenze. L’esempio maggiore che fa è quello delle falsificazioni avallate da molti giornali americani al tempo della decisione americana di invadere l’Iraq. Secondo Bailey, però, c’è una differenza tra gli errori anche gravi commessi per avere trascurato i maggiori standard giornalistici di verifica e rigore, e la disinformazione partigiana e in malafede consapevole di generare effetti pericolosi. E la questione di dire apertamente – da parte dei giornalisti interessati al servizio pubblico del giornalismo – che ci sono testate giornalistiche che peggiorano le convivenze e il funzionamento delle democrazie, e non farsi frenare sempre da una complicità corporativa e dal fatto che ogni giornale dà lavoro a delle persone, è già stata sollevata in passato. È vero che in ogni giornale c’è una quota – minore o maggiore – di buon giornalismo, ma questo non può essere l’alibi per tollerare il peggiore, soprattutto quando diventa preponderante.

Fine di questo prologo.

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