domenica 5 Ottobre 2025

Charlie, critiche costruttive

Due anni fa un articolo sulla Columbia Journalism Review raccontò di una piccola discussione interna al “media criticism” americano: ovvero a quella parte di giornalismo che si occupa dei temi stessi del giornalismo e delle notizie che lo riguardano. Insomma, gli argomenti di cui si occupa questa newsletter, e che questa newsletter ha in passato ricordato come quasi del tutto assenti dal lavoro giornalistico italiano, invece. In altri paesi ci sono maggiori attenzioni e maggiori condivisioni con i lettori, e soprattutto negli Stati Uniti: e nel caso di quell’articolo sulla CJR la riflessione fu a proposito di un’accusa a quella categoria di articoli e commenti, che fosse troppo spesso negativa e critica a proposito dei fatti e delle notizie che riferiva. Insomma, che gli stessi giornalisti che si occupano dei giornali siano quasi sempre solo critici nei confronti dei giornali.
È un timore che ha di continuo anche questa newsletter: è indubbio che molte delle storie e delle segnalazioni che leggete su Charlie riguardano scelte e tendenze che mettono a rischio l’indipendenza e la qualità del lavoro giornalistico, o la stessa sostenibilità economica dei progetti di informazione. D’altronde, i tempi sono quelli che sono, e l’esistenza stessa di questa newsletter deriva senz’altro da un periodo di crisi, per l’informazione (che genera soprattutto tre dipendenze, e limitazioni al buon giornalismo). Ma l’esistenza di questa newsletter deriva anche dalla ricerca di soluzioni a questa crisi, e di sperimentazioni: e di queste cerchiamo di riferire ogni volta che capitano. Ed è poi vero anche che, come per ogni aspetto della realtà, la “normalità” non è una notizia: il buon lavoro giornalistico che affolla quotidianamente le testate internazionali e italiane non ha – quasi mai – necessità di essere sottolineato, è lo standard che ci si aspetta dai giornali ed è la ragione per cui tuttora li frequentiamo e per cui in molti pagano un prezzo, in edicola o online.
Ma non si può negare che in Italia i progetti creativi e le sperimentazioni sul giornalismo di qualità che sappia trovare una sua sostenibilità non sono frequentissimi (così come le ricerche di sostenibilità che proteggano la qualità del giornalismo). Qui però non vediamo l’ora di raccontarli, e persino di suggerirli.

“Our job is ultimately to interrogate the basic ways in which people find out about things that impact their lives, and the mechanisms of power— yes, real power — that shape that dynamic […] This is clearly not to say that we should never praise a good piece of journalism. But when we do, we should clear a higher bar than merely saying that a journalist went to work today and did the job that society should expect of them . And if that merits praise, we should state what that says about the job everyone else is doing […]
Criticism, in the first sense of the term, can be motivated by an honest desire to help the media do better”.

Fine di questo prologo.

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